Introduzione

Con il sistema informatico SIGEC, in corso di perfezionamento e di sperimentazione presso i poli insediati nelle Direzioni Regionali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, si apre una nuova fase di sviluppo delle relazioni interistituzionali a livello centrale e regionale. La collaborazione interistituzionale tra Stato e Regioni sta progressivamente prendendo forma e l’ICCD, in questa prima fase, intende rafforzare tale collaborazione tramite una serie di azioni dedicate al networking, aventi lo scopo di favorire un ambiente di lavoro comune (un luogo dove sia possibile scambiare esperienze, informazioni e condividere strumenti di comunicazione) e di innestare tra i responsabili del settore della catalogazione – che sono numerosi e diffusamente distribuiti su tutto il territorio nazionale – una relazione di lavoro improntata da una maggiore continuità lungo tutto l’arco dell’anno.

Con il supporto dell’Associazione per l’Economia della Cultura, questa finalità è stata perseguita attraverso diverse linee di azione, di cui una oggetto del presente lavoro: uno studio - dal titolo “Il tariffario per la catalogazione: un’indagine sulla produzione e sui prezzi della catalogazione in Italia” - improntato su un approccio concreto e diretto a soddisfare alcune reali esigenze del settore pubblico, mediante l’approfondimento di particolari tematiche relative al settore della catalogazione e, nel caso specifico, il tema dell’affidamento all’esterno dei servizi di produzione di schede di catalogo di normativa ICCD.

Da diverso tempo, gli organi periferici dello Stato – e più recentemente le Direzioni Regionali – hanno posto all’attenzione del Ministero e dell’ICCD alcune problematiche riguardanti le attività amministrative e gli atti relativi alle procedure di affidamento dei servizi di catalogazione. Con l’avanzare delle innovazioni in campo legislativo, sia nel campo dei beni e delle attività culturali, sia in tema di procedure di evidenza pubblica per la produzione di servizi pubblici, le Soprintendenze e le Direzioni Regionali si sono scontrate con la problematica dell’affidamento esterno di servizi che un tempo erano internalizzati, oppure affidati all’esterno in “deroga” alle norme ordinarie, o infine commissionati nell’ambito di attività di diverso tipo (come gli scavi, i restauri, gli studi, ecc.), in relazione alle quali la catalogazione non costituiva il fulcro principale.

Analoghe esigenze sono state messe in rilievo anche dalle Regioni; in questo caso, la produzione catalografica è il più delle volte effettuata da professionisti incaricati dagli enti locali – più raramente da imprese - e le amministrazioni committenti si trovano non di rado a “combattere” con atti, norme e regole, disponendo solo in parte di personale con un’adeguata preparazione tecnico-scientifica specifica, sia sul piano culturale, sia su quello procedurale ed amministrativo.

Come è possibile osservare anche in altri settori pubblici, la produzione di “nuova catalogazione” è stata nel tempo assicurata da una vasta rete di lavoratori autonomi e liberi professionisti, incaricati dalle amministrazioni - per brevi periodi e con compensi economici piuttosto modesti - attraverso l’approntamento di procedure di vario tipo. Si tratta di procedure semplificate, non ripetute con continuità nel tempo e che non di rado fanno emergere dubbi di legittimità formale e sostanziale degli atti. Le forme di affidamento maggiormente standard (regolate dalla L. 163 e s.m.) - come le gare aperte o ristrette, secondo il criterio del “massimo ribasso” o quello di “offerta economica più vantaggiosa” - nel settore catalografico costituiscono una rarità. E’ dunque evidente che il settore soffre dell’assenza di una prassi condivisa, di un’interpretazione solida delle norme e dei regolamenti nazionali esistenti, nonché di un’esperienza che possa essere efficacemente utilizzata per adattare ogni incarico - a persone o a imprese - alle specificità richieste per ottimizzare il servizio. In altri termini, le prassi, se esistenti, risultano parcellizzate e poco diffuse e il settore non può vantare forme dichiarate di best practice. Ciò che manca nel settore in esame, dunque, è un’estesa e condivisa esperienza di campo, certamente penalizzata anche da una forte riduzione delle attività come risultato della decrescita della spesa pubblica statale e non statale e, nello specifico, dei fondi destinati al funzionamento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in cui è compresa la catalogazione.

In questo contesto, l’ICCD ha avviato un’apposita linea di sviluppo, da inquadrare su un orizzonte di medio periodo, che prevede le seguenti attività:

  1. analizzare i prezzi relativi alla produzione di nuove schede di catalogo, con lo scopo primario di guidare le amministrazioni verso un’efficace quantificazione del peso economico delle attività;
  2. elaborare procedure di evidenza pubblica e di affidamento dei servizi di catalogazione, anche attraverso l’approntamento di schemi e modelli amministrativi e giuridici che possano guidare le amministrazioni nella produzione degli atti necessari per l’affidamento esterno delle attività.

 

Un percorso impegnativo e complesso, ricco di ostacoli sia sotto i profili tecnico-culturali, sia sotto quelli amministrativi. Gli ostacoli, in particolare, derivano da un livello e da una qualità delle informazioni e delle conoscenze disponibili non soddisfacente e discontinuo nel tempo, dall’incertezza che circonda alcuni temi ancora sottoposti ad una forte influenza in relazione alla mancata attuazione del federalismo fiscale al settore culturale, dall’indisponibilità di un’interpretazione unitaria e non controversa delle norme comunitarie e nazionali in ordine alle procedure di evidenza pubblica – ancora sottoposte al lento screening della giurisprudenza -, oltre che dalla natura accessoria della catalogazione rispetto ad altre politiche per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, in un momento di particolare difficoltà di reperimento di risorse finanziarie.

Il presente lavoro, svolto in collaborazione tra l’ICCD e l’Associazione per l’Economia della Cultura, ha per oggetto l’identificazione delle tecniche di quantificazione del prezzo di produzione delle schede di catalogo ed è strutturato in tre parti.

La prima parte è orientata alla quantificazione dei prezzi unitari “impliciti” connessi alla produzione di nuova catalogazione da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; a tale scopo si sono utilizzati i dati provenienti dal sistema di rilevazione INSPE dell’Osservatorio per la Catalogazione dell’ICCD, che rileva annualmente le attività prodotte dalla totalità degli enti afferenti alla catalogazione statale (94 stazioni appaltanti), fornendo un ricco corredo informativo circa le tipologie, la quantità e i livelli di approfondimento delle schede prodotte, la spesa sostenuta, la localizzazione territoriale dei beni catalogati e altro. I prezzi ricavati da tale rilevazione sono “impliciti” nel senso che sono calcolati “indirettamente”, sulla base della spesa effettuata per la produzione di un dato ammontare di schede di catalogo; il prezzo ricavato rappresenta dunque una “media” che, pur nascondendo talvolta problematiche di confrontabilità nel tempo e nello spazio, consente di analizzare e confrontare i prezzi medi ricavati sia a livello territoriale che temporale. In linea con gli obiettivi principali del lavoro, i dati statali disponibili sono quindi utilizzati per effettuare un confronto con quelli contenuti nei tariffari delle amministrazioni regionali, laddove disponibili e relativi ad un’attività di affidamento dell’ente continua e significativa.

La seconda parte del lavoro riguarda l’analisi dei prezzi connessi alla produzione di schede di catalogo, rilevati dal lato delle amministrazioni regionali e si sostanzia in un’indagine estesa a tutte le regioni italiane finalizzata a rilevare i tariffari esistenti e attualmente in uso – allo scopo di quantificare i prezzi di riferimento -, nonché a fornire un resoconto delle diverse modalità di attuazione intraprese dalle amministrazioni regionali per lo svolgimento delle attività catalografiche. Dall’indagine effettuata è emerso che i tariffari attualmente in uso sono quattro; o meglio, esistono quattro “prezziari” di varia natura – nella forma di tariffari, elenchi di prezzi allegati a bandi di gara, ecc. – relativi, in particolare, alle regioni Lazio, Emilia Romagna, Lombardia e Marche. Altre otto regioni – Veneto, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Umbria, Campania e Sardegna – si ispirano ai tariffari prodotti dalle quattro regioni sopramenzionate, mentre le regioni rimanenti – di cui alcune realizzano campagne di catalogazione anche continuative (come nel caso della Sicilia, della Toscana e della Provincia di Trento) -, non si ispirano a nessun tariffario o procedura. In questa parte del lavoro, infine, si fornisce un confronto – effettuato esclusivamente in relazione alle schede di catalogo maggiormente diffuse – tra i valori di prezzo emersi dai tariffari regionali rilevati e i prezzi medi praticati degli enti afferenti alla catalogazione statale (INSPE).

La terza parte del presente lavoro, infine, è costituita da un’analisi finalizzata all’approfondimento della problematica della stima dei prezzi unitari relativi alla produzione di nuove schede di catalogo; tale analisi, effettuata attraverso un’approfondita indagine di campo, è stata condotta con specifico riferimento alle cinque tipologie di scheda di seguito elencate:

  1. scheda A, per i beni immobili architettonici;
  2. scheda RA, per i beni mobili archeologici;
  3. scheda OA, per i beni di interesse storico-artistico;
  4. scheda BDM, per i beni materiali di interesse demo-etno-antropologico;
  5. scheda BDI, per i beni immateriali di interesse demo-etno-antropologico.

 

La scelta di restringere l’analisi a tali tipologie di schede deriva da un duplice motivo: in primo luogo, le cinque schede elencate rappresentano la quota più rilevante del catalogato effettivamente prodotto (il 71% del totale prodotto dallo Stato dal 2002 al 2009); in secondo luogo, le restanti tipologie di schede (gli standard dell’ICCD attualmente sono 23), anche se diverse sotto vari profili, possono essere ricondotte o assimilate ad una di quelle cinque prese in considerazione.

L’obiettivo principale di questa parte dell’analisi è quello di fornire – anche alla luce di quanto emerso dall’indagine condotta presso le amministrazioni regionali – indicazioni utili e criteri di riferimento per la determinazione dei prezzi di produzione delle schede e per la costruzione di un possibile prezziario. In ragione della forte variabilità che caratterizza le attività di catalogazione, si è infatti riscontrata una sostanziale difficoltà da parte delle amministrazioni competenti in materia nel definire riferimenti tariffari per singola scheda (prezzi-scheda), applicabili in maniera sistematica alla totalità degli interventi di catalogazione. In tal senso, appare più appropriato dotarsi di un modello di riferimento – delle linee guida – che funga da supporto, sia per quanto riguarda la definizione dei prezzi di schedatura, sia ai fini dell’adeguamento di tali prezzi ai fattori contingenti di complessità connessi alle diverse possibili campagne di catalogazione. La richiesta di elaborare un nuovo tariffario, rispondente o ispirato nella forma e nell’uso a quello elaborato dalla Regione Lazio negli anni ’90 (oggi ancora vigente e in uso), deriva dal fatto che questo è sempre apparso agli amministratori pubblici uno strumento comodo e di facile utilizzo, un meccanismo semiautomatico che sembrava non implicare una conoscenza approfondita delle attività da chi avrebbe dovuto assicurare il processo di affidamento. Tuttavia, nel corso del lavoro è emerso chiaramente che la predisposizione di un nuovo tariffario sarebbe stata un’operazione complessa, se non errata sotto il profilo metodologico, soprattutto a causa dell’elevata disomogeneità che caratterizza le attività di produzione catalografica. Il prezzo di produzione di una scheda può infatti variare in funzione di un elevato numero di fattori, il che rende difficile la definizione di una misura certa e non controversa, da esprimere in un unico valore o in un intervallo di minimo e di massimo, da prendere a riferimento per un’eventuale “base d’asta” del servizio. I fattori che contribuiscono alla variabilità dei prezzi sono vari e si riferiscono alla tipologia del bene, alla sua relativa importanza e complessità, alla sua localizzazione sul territorio, alla localizzazione del catalogatore, al grado di esperienza e capacità dello stesso, ecc. Per questi motivi, l’ulteriore orientamento del lavoro è quello di fornire alcune tecniche utili per effettuare una quantificazione del prezzo delle schede fondata su un’analisi puntuale e dettagliata del processo di produzione catalografica. A tale scopo, con il coinvolgimento di alcuni testimoni privilegiati esperti del mercato catalografico, l’analisi si è articolata nelle seguenti fasi:

  1. scomposizione e analisi del prezzo-scheda per componenti principali;
  2. analisi del processo di lavoro relativo alle diverse tipologie di scheda e quantificazione del tempo/lavoro necessario la completamento di un’ipotesi-campagna individuata con i testimoni privilegiati;
  3. stima del prezzo-scheda delle tipologie in analisi e confronto – mediante la costruzione di diversi scenari – con le tariffe attualmente utilizzate dagli enti competenti.

 

Un risultato significativo del lavoro – forse il più rilevante – è stato quello di aver provveduto alla determinazione del mansionario del catalogatore, vale a dire all’identificazione precisa e dettagliata di tutte le attività di lavoro che vanno a costituire il processo di produzione delle schede di catalogo: un processo scandito da un succedersi nel tempo di fasi tecniche, le quali possono differenziarsi a seconda della tipologia di scheda. Questo sforzo è stato compiuto grazie alla collaborazione congiunta sia dei funzionari della Regione Lazio e dell’ICCD, sia dei numerosi testimoni privilegiati che si sono prestati a dialogare a lungo con gli estensori del presente rapporto, in un processo iterativo che ha condotto a definire in maniera puntuale fasi e attività del processo di produzione delle schede di catalogo. Un’ulteriore risultato dell’interazione tra il gruppo di lavoro e i testimoni privilegiati - anche per la natura trasversale del tema trattato, che interessa questioni di ordine culturale, economico e giuridico - è quella di avere prodotto, come è osservabile lungo tutto l’itinerario logico del documento, una serie assai significativa di spunti di riflessione, di osservazioni puntuali, di interpretazioni di particolari fenomeni che sembravano a torto senza spiegazione, di ricostruzione di complessi processi di lavoro poco trattati nella letteratura del settore: un patrimonio conoscitivo utile per comprendere meglio il complesso funzionamento del sistema della catalogazione nazionale, a livello centrale e locale. Per questi approfondimenti – che non è possibile sintetizzare nel poco spazio disponibile in questa sede – si rinvia alla lettura del testo nella sua globalità.

Molti degli aspetti contenuti in questo lavoro meriterebbero davvero di essere discussi tra i responsabili pubblici e tra questi e gli operatori del settore, anche per avviare un dibattito permanente e non episodico tra gli operatori del settore, dello Stato e delle Regioni, in una innovativa logica di network che l’ICCD si appresta ad avviare e mettere a regime attraverso il Compendio.

Prezzi

In questa parte del lavoro vengono illustrati i principali risultati derivanti dall’analisi dei dati di monitoraggio provenienti dal sistema di rilevazione INSPE (INdagine sui Sistemi PEriferici) dell’Osservatorio per la Catalogazione dell’ICCD, che rileva annualmente il flusso delle attività catalografiche realizzate dalla totalità degli enti - periferici e centrali - afferenti alla catalogazione statale. Si fornisce, in primo luogo, un ricco corredo informativo circa la produzione catalografica (tipologie, quantità, livelli di approfondimento delle schede prodotte e spesa sostenuta) relativa al periodo 2002-2009. In secondo luogo, vengono restituiti gli esiti dell’analisi svolta sui dati relativi al triennio 2007-2009, finalizzata alla stima dei prezzi unitari “impliciti” (costi medi unitari) connessi alla produzione delle tipologie di schede di catalogo maggiormente diffuse: A, RA, OA-OAC-D-NU, S.MI, F, BDM-BDI.

Tariffario

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Tariffari

In questa parte del lavoro si presentano i risultati di un’indagine estesa a tutte le amministrazioni regionali italiane, finalizzata a rilevare i tariffari esistenti e attualmente in uso per la determinazione dei prezzi delle attività catalografiche. Allo scopo di arricchire il quadro informativo relativo ai livelli di prezzo attualmente applicati per la produzione di nuove schede di catalogo, si restituiscono inoltre i risultati emersi dal confronto – effettuato esclusivamente in relazione alle schede di catalogo maggiormente prodotte (A, RA, OA-OAC-D-NU, S.MI, F, BDM-BDI) - tra i valori di prezzo presenti nei tariffari regionali rilevati e i prezzi unitari “impliciti” praticati dagli enti preposti alla catalogazione statale, derivanti dall’analisi dei dati di monitoraggio provenienti dal sistema di rilevazione INSPE (INdagine sui Sistemi PEriferici) dell’Osservatorio per la Catalogazione dell’ICCD.

Stime

Nella terza fase del presente lavoro si forniscono i risultati emersi dall’analisi volta ad approfondire le principali problematiche connesse alla stima dei prezzi unitari relativi alla produzione di nuove schede di catalogo, con particolare riferimento alle tipologie di schede maggiormente diffuse e rappresentative (A, OA, RA, BDM, BDI); l’obiettivo principale dell’analisi è quello di fornire indicazioni utili e criteri di riferimento per la determinazione dei prezzi-scheda e per la costruzione di un possibile tariffario. In ragione della forte variabilità che caratterizza le attività di catalogazione, si è riscontrata infatti una sostanziale difficoltà delle amministrazioni competenti nel definire riferimenti tariffari per singola scheda, applicabili in maniera sistematica alla totalità degli interventi di catalogazione. In tal senso, appare diffusa la necessità di dotarsi di un modello di riferimento che funga da supporto sia per quanto riguarda la definizione dei prezzi di schedatura, sia ai fini dell’adeguamento di tali prezzi ai fattori contingenti di complessità connessi alle diverse possibili campagne di catalogazione.

A tale scopo, con il coinvolgimento di alcuni testimoni privilegiati provenienti sia dal lato della domanda (amministrazioni) che dal lato dell’offerta (singoli catalogatori, cooperative, società) del mercato catalografico, l’analisi si è articolata nelle seguenti fasi:

  1. scomposizione e analisi del prezzo-scheda per componenti principali di prezzo;
  2. analisi del processo di lavoro relativo alle diverse tipologie di scheda in esame e quantificazione del tempo/lavoro necessario al completamento di un’ipotesi-campagna individuata con i testimoni privilegiati;
  3. stima del prezzo-scheda delle tipologie in analisi e confronto, mediante la costruzione di diversi scenari, con le tariffe attualmente utilizzate.

Linee guida

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Appendice

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Premessa

Le presenti Linee guida* si inseriscono nell’ambito delle linee di azione intraprese dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali - nelle funzioni dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione - volte a soddisfare le esigenze di coordinamento, armonizzazione e dialogo interistituzionale che caratterizzano il settore della catalogazione del nostro Paese; tale settore, come noto, presenta notevoli elementi di complessità, riconducibili in particolar modo alla varietà delle competenze attribuite in materia e alla molteplicità degli enti catalogatori e dei soggetti facenti parte della filiera produttiva. A tali aspetti si aggiunge un ulteriore fattore di complessità, identificabile nella sostanziale eterogeneità che caratterizza le politiche e le modalità di attuazione delle attività di produzione catalografica, intraprese dalle diverse amministrazioni competenti, statali e non statali.

In risposta a tali esigenze, le attività intraprese dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – mediante l’ICCD e l’Osservatorio per la Catalogazione – sono da tempo orientate alla razionalizzazione della totalità degli aspetti inerenti il sistema di catalogazione: dalle problematiche relative alla programmazione e alla produzione catalografica (pianificazione concertata degli interventi, definizione di metodologie e standard comuni ecc.) a quelle inerenti la valorizzazione e la fruibilità del patrimonio informativo prodotto dai diversi soggetti competenti (armonizzazione dei dati prodotti e integrazione a rete delle banche dati). In tale contesto si colloca il presente contributo che, frutto della collaborazione tra l’ICCD e l’Associazione per l’Economia della Cultura, intende fornire un insieme di criteri e tecniche di riferimento utili per la determinazione dei prezzi di produzione delle attività catalografiche, a supporto degli enti competenti e responsabili delle procedure di affidamento esterno delle attività.

 


* Queste Linee guida derivano dal lavoro più vasto e completo commissionato dall’ICCD all’Associazione per l’Economia della Cultura, dal titolo: “Il tariffario per la catalogazione: un’indagine sulla produzione e sui prezzi della catalogazione in Italia”, Roma, 2011.

Obiettivi

Obiettivo del presente lavoro è quello di fornire indicazioni e criteri di riferimento per la valutazione dei progetti di catalogazione e per la determinazione del prezzo degli interventi (base d’asta). Tale obiettivo risponde all’esigenza di razionalizzare il processo produttivo catalografico, supportando i soggetti competenti in materia nella fase di programmazione e valutazione economica delle attività, con particolare riferimento ai casi in cui tali attività sono oggetto di affidamento a soggetti esterni (siano essi singoli privati, cooperative o imprese).

Considerata la forte variabilità che caratterizza le attività catalografiche (ogni intervento presenta problematiche e caratteristiche differenti che contribuiscono a configurare quello catalografico come un settore produttivo difficilmente standardizzabile), l’utilizzo di un “tariffario” come unico strumento per la determinazione dei prezzi delle attività appare una soluzione che mal si adatta al settore produttivo in esame: il tariffario si caratterizza, infatti, per essere uno strumento piuttosto rigido e, come tale, non in grado di catturare i diversi elementi di complessità che possono configurarsi nell’ambito dei diversi interventi di catalogazione.

In ragione di tali considerazioni, si ritiene che la valutazione economica delle attività di catalogazione debba necessariamente essere frutto di un processo di valutazione maggiormente  articolato, in relazione al quale un tariffario può comunque rappresentare un utile, ma non esauriente, strumento di riferimento. Anche nel caso in cui si provvedesse ad un aggiornamento delle tariffe correnti – che sulla base di alcune analisi effettuate risultano piuttosto “contenute” ed “obsolete” – il tariffario non sarebbe comunque in grado di catturare totalmente la variabilità che caratterizza le attività catalografiche (e quindi i costi ad esse connessi).

In tal senso, la definizione dei prezzi degli interventi non può esaurirsi nell’applicazione automatica di prezzi-scheda standard (vale a dire, di un tariffario), ma deve presupporre un processo di programmazione e valutazione degli interventi maggiormente approfondito, finalizzato ad adeguare i riferimenti di prezzo eventualmente utilizzati alla specificità dei singoli casi.

Il presente lavoro risponde a tale fabbisogno fornendo indirizzi e criteri di riferimento per la determinazione dei prezzi delle attività catalografiche a supporto degli enti competenti e responsabili dei processi di affidamento esterno (a persone, cooperative o imprese) dei servizi di catalogazione; tali enti sono:

  1. enti preposti alla catalogazione statale (Soprintendenze territoriali, Istituti Speciali, ICCD ecc.);
  2. Regioni;
  3. Province;
  4. Comuni;
  5. Università;
  6. CEI.

Oggetto

Prima di delineare i principali criteri per la valutazione economica delle attività di catalogazione ai fini dell’affidamento dei servizi a soggetti esterni, occorre meglio definire l’oggetto di tale valutazione (ovvero, l’oggetto degli affidamenti).

Le attività di catalogazione si sostanziano nelle cosiddette campagne di catalogazione: interventi finalizzati alla schedatura di un determinato insieme di beni culturali (architettonici, storico-artistici, archeologici ecc.), delineati e programmati sulla base delle strategie e degli obiettivi delle amministrazioni competenti (ad es. catalogazione di beni collocati in aree a rischio sismico, catalogazione di beni soggetti ad un rischio di furto, catalogazione di beni a rischio di degrado ecc.); le campagne di catalogazione possono dunque essere definite in base ad un criterio “territoriale” (ad es. catalogazione di tutte le chiese di una determinata area), “tematico” (ad es. catalogazione di beni mobili storico-artistici appartenenti ad uno specifico autore o di un periodo storico particolare), o “tematico/territoriale” allo stesso tempo (ad es. catalogazione di tutti gli edifici di rilievo architettonico di una determinata area). In tal senso, possono configurarsi campagne di catalogazione più o meno ampie - in termini di numero di beni da catalogare e ampiezza dell’area territoriale coinvolta - e che possono inoltre riguardare un unico o molteplici ambiti disciplinari, corrispondendo dunque alla produzione di una gamma variabile di tipologie di schede.

A seconda dell’ampiezza/complessità della campagna programmata, questa può essere suddivisa in un numero variabile di pacchetti di schede e – sulla base delle caratteristiche di questi – divenire oggetto di affidamento ad un unico soggetto o a più soggetti. In tal senso, l’oggetto dell’affidamento (“pacchetto”) deve essere definito anche sulla base del soggetto cui i servizi possono essere affidati, vale a dire a seconda che si tratti di un singolo catalogatore o di un’impresa.

Nel caso di affidamento dei servizi di catalogazione a singoli catalogatori (è il caso in cui, ad esempio, l’amministrazione fa riferimento ad una “graduatoria di catalogatori esterni”), una campagna di catalogazione, se particolarmente ampia, dovrà essere suddivisa in più pacchetti, ognuno delineato in modo tale da poter essere prodotto da un unico soggetto (ad es. pacchetti di schede dello stesso ambito disciplinare, di beni localizzati in un’area non troppo vasta ecc.). 

Viceversa, se a svolgere i servizi di catalogazione è un’impresa[1], l’amministrazione appaltante potrà delineare pacchetti maggiormente articolati[2] sia per “numero di schede” (l’organizzazione del lavoro in impresa permette lo sviluppo di economie di scala[3] tali da rendere conveniente programmare campagne di catalogazione relative ad un ammontare di schede più elevato rispetto al caso in cui i lavori sono affidati ad un singolo catalogatore), sia per “tipologie di schede” (l’impresa può dotarsi della gamma di professionalità necessarie per la catalogazione di beni afferenti a discipline diverse, consentendo la produzione di pacchetti di schede differenziate e conseguendo in tal modo notevoli vantaggi in termini di economie di scopo[4]); l’impresa, infine, può implementare un’organizzazione del lavoro in grado di far fronte ad un livello di complessità degli interventi maggiormente elevato – impiegando, ad esempio, figure specifiche con funzioni di coordinamento, programmazione logistica delle campagne ecc. – consentendo in tal modo la programmazione di interventi relativi ad un ambito territoriale maggiormente esteso.

 


[1]   O una cooperativa.

[2]   Il “pacchetto” in questo caso potrebbe anche coincidere con l’intera campagna.

[3]   Si hanno economie di scala quando, a prezzi dei fattori produttivi costanti, un aumento della scala di produzione determina una riduzione del costo medio unitario di produzione.

[4]   Si realizzano economie di scopo quando, date le quantità degli input disponibili, la produzione congiunta di due prodotti determina una riduzione del costo unitario dell’output, ovvero quando il costo totale della produzione congiunta dei due beni è inferiore alla somma dei costi totali sostenuti producendo i due beni separatamente. Nell’ambito delle attività di catalogazione è il caso, ad esempio, della produzione contestuale di schede BDM o BDI da parte dello stesso soggetto catalogatore, ma anche della produzione di tipologie di schede diverse nell’ambito di un medesimo intervento di catalogazione.

Attività

La chiara definizione dell’oggetto degli affidamenti – condotta mediante un’approfondita attività di programmazione degli interventi – costituisce il presupposto fondamentale per una corretta valutazione del prezzo delle attività, nella misura in cui consente all’amministrazione responsabile del procedimento di individuare tutti quegli elementi (numero dei beni da catalogare, grado di complessità dei beni, tempo/lavoro previsto ecc.) che influenzano fortemente tale prezzo.

Alle amministrazioni responsabili dell’affidamento dei servizi di catalogazione a soggetti esterni spetta dunque il compito di svolgere le seguenti attività preliminari:

  • programmazione della campagna: l’amministrazione individua un progetto di catalogazione (campagna) e ne delinea le principali caratteristiche attraverso le seguenti attività:

1.       definizione degli obiettivi generali della campagna: identificazione ed esplicitazione delle motivazioni che sottendono l’attivazione della campagna e degli obiettivi di natura pubblica perseguiti[1];

2.       valutazione e analisi dei beni oggetto della campagna: definizione di n./tipologia/livello di approfondimento delle schede necessarie e valutazione del grado di complessità dei diversi beni oggetto dell’intervento (complessità intrinseca dei beni, grado di serialità e/o di omogeneità degli stessi ecc.);

3.       definizione dell’area territoriale interessata (localizzazione dei beni);

4.       identificazione dell’arco temporale necessario per il completamento della campagna (annuale/pluriennale).

  • definizione dell’oggetto degli affidamenti: in funzione delle caratteristiche della campagna programmata e dei soggetti cui i servizi possono essere affidati (singolo/impresa), l’amministrazione provvede alla determinazione dei cosiddetti “pacchetti” di schede, definendone in dettaglio il contenuto (n./tipologia/livello di approfondimento delle schede, n. di allegati e foto necessari) e valutandone il grado di complessità (stima del tempo/lavoro previsto per la produzione del “pacchetto”).

L’attività preliminare di programmazione degli interventi risulta essenziale ai fini della determinazione del prezzo degli stessi poiché consente all’amministrazione committente di valutare più efficacemente le diverse componenti di prezzo ad essi connesse; tali componenti, come si vedrà più approfonditamente in seguito, sono:

  1. il costo del lavoro;
  2. le spese di viaggio/vitto/alloggio;
  3. le spese generali;
  4. gli eventuali profitti d’impresa.

In tal senso, l’analisi preliminare delle caratteristiche specifiche dell’intervento di catalogazione – vale a dire, l’individuazione dell’effettivo livello di complessità dello stesso – risulta determinante soprattutto ai fini della valutazione delle voci costo del lavoro e spese di viaggio/vitto/alloggio, che rappresentano le componenti di prezzo maggiormente variabili in funzione dello specifico intervento. Se, infatti, la stima delle componenti costituite dalle spese generali e dagli eventuali profitti d’impresa non richiede particolari sforzi da parte dell’amministrazione (si tratta di componenti di prezzo “parametriche”, che rappresentano cioè una quota percentuale delle restanti componenti e che non sono direttamente influenzate dalle caratteristiche specifiche dell’intervento), la valutazione del costo del lavoro, così come la previsione dell’ammontare delle spese di viaggio/vitto/alloggio necessarie per lo svolgimento delle attività, presuppongono un’approfondita valutazione delle caratteristiche dello specifico intervento di catalogazione; valutazione che è possibile effettuare solo svolgendo un’approfondita attività preliminare di programmazione degli interventi.

 


[1] Ad es. tutela di beni soggetti a rischi specifici (sismico, furto, degrado), conoscenza e divulgazione di uno specifico patrimonio culturale, completamento di campagne precedentemente attivate ecc.

Quantificazione

Nei paragrafi successivi sono delineati i principali indirizzi e criteri di riferimento per la determinazione del prezzo delle attività di catalogazione, procedendo in particolare nell’analisi delle modalità connesse alla stima delle quattro componenti di prezzo che vengono a generarsi nell’ambito dello svolgimento di tali attività.

Tra le componenti di prezzo connesse alla produzione di una nuova scheda di catalogo (Box 1), particolare attenzione verrà data al costo del lavoro che costituisce – a parità degli altri fattori – la componente con la maggiore incidenza relativa sul prezzo della singola scheda[1], caratterizzandosi quello della catalogazione come un settore produttivo ad alta intensità di fattore lavoro.

Box 1 – Componenti di prezzo delle attività catalografiche

1.       COSTO DEL LAVORO: retribuzione lorda del catalogatore (salario + oneri sociali + oneri fiscali)

2.       SPESE GENERALI:

  • spese per strumentazione: eventuali ammortamenti di materiali e strumenti di lavoro (ad es. personal computer, stampante, macchina fotografica, telefono, GPS ecc.); 
  • spese di funzionamento (costi fissi) attribuibili all’esercizio della professione/attività e non direttamente allo specifico incarico: spese per utenze (ad es. canone telefonico, connessione internet ecc.), canone affitto ufficio, costi amministrativi, assicurazione, acquisto libri ecc.

3.       SPESE DI VIAGGIO/VITTO/ALLOGGIO: spese connesse agli spostamenti (ad es. costo del carburante auto, costo biglietti mezzi pubblici) necessari per svolgere le attività di catalogazione, all’eventuale pernottamento nella località dove i beni da catalogare sono localizzati e ai pasti consumati dal catalogatore durante l’attività lavorativa.

4.       PROFITTI: margine di profitto operato dall’impresa. 

Fonte: elaborazione AEC.

 

Il prezzo di produzione di una scheda di catalogo è dunque il risultato della seguente relazione (Box 2).

 

Box 2 – Modello per la determinazione del prezzo di una scheda di catalogo

 

PREZZO SCHEDA = COSTO DEL LAVORO + SPESE GENERALI + SPESE V/V/A + PROFITTI

In termini formali:

PSi = CLh + SG + Svva + P

SG = δ (CLh), di cui 0 ≤ δ ≤ 1

Pj,k = π(CLh + SG + Svva)

π ≥ 0 se e solo se j = impresa.

π = 0 se e solo se k = professionista.

dove:

PS = Prezzo per la produzione di una scheda di catalogo

i = scheda A, OA, RA, BDM, BDI, BDM/BDI

j = impresa; k = professionista

CL = costo del lavoro orario lordo (salario + oneri sociali e fiscali)

h = quantità di lavoro espressa in ore impiegate per la produzione di una scheda

Svva = spese di viaggio, di vitto, di alloggio, di altri costi connessi alla produzione di una scheda

δ = proporzione delle spese generali relativa alla produzione di una scheda, approssimata dal rapporto tra le spese generali lorde annue sulla retribuzione lorda annua

P = rendimento economico atteso (profitto d’impresa)

π = rapporto tra i profitti attesi e la sommatoria delle altre componenti del prezzo (CL, SG e SVVA)

Fonte: elaborazione AEC.

 


[1]   Ciò potrebbe non essere vero nel caso in cui nel prezzo-scheda siano comprese tutte le componenti illustrate e nell’eventualità in cui le spese di viaggio/vitto/alloggio risultino particolarmente elevate. Tuttavia, considerando i soli fattori produttivi “lavoro” e “strumentazione”, è indubbio che il processo produttivo di catalogazione dei beni culturali si caratterizzi per una maggiore incidenza del primo fattore (lavoro) piuttosto che del secondo (strumentazione).

Costo del lavoro

Il costo del lavoro rappresenta il costo connesso alla retribuzione dell’attività lavorativa (espressa in termini di tempo/lavoro) necessaria per la produzione di un determinato ammontare di schede di catalogo. La stima del costo del lavoro è dunque correlata alla stima del tempo/lavoro necessario per il completamento del processo di lavoro connesso alla produzione delle schede; quest’ultimo, in particolare, si sostanzia nelle seguenti macro-attività comuni a tutti gli ambiti disciplinari afferenti all’attività catalografica:

  1. ricerca: visione del bene, raccolta del materiale necessario all’analisi del bene, ricerca bibliografica e/o archivistica ecc.;
  2. elaborazione: sistematizzazione del materiale reperito in fase di ricerca e compilazione delle schede (e delle connesse schede Authority File);
  3. informatizzazione: inserimento delle schede nel sistema informatico di riferimento, editing di eventuali allegati ecc.

Le macro-attività sopraindicate si sostanziano in attività differenti a seconda dell’ambito disciplinare (tipologia di scheda) dei beni oggetto dell’intervento di catalogazione. In proposito, di seguito si riportano i mansionari dettagliati relativi alla produzione di alcune delle principali tipologie di schede di catalogo: A, RA, OA, BDM, BDI[1], segnalando che tali mansionari si riferiscono esclusivamente alla produzione di schede di catalogo di massimo livello di approfondimento (catalogo)[2].

 

Box 3 – Processo di lavoro SCHEDE A/precatalogo

SCHEDE A

RICERCA:

  • Ricerca bibliografica e d’archivio (preliminare)
  • Sopralluogo sul territorio (preliminare)
  • Individuazione del bene (preliminare)
  • Sopralluogo sul territorio
  • Ricerca bibliografica e d’archivio (oggetto: denominazione, notizie storiche, preesistenze, restauri, uso storico, allegati grafici e cartografici, fonti e documenti di riferimento)
  • Raccolta dati e informazioni sul territorio (zone urbane, fogli catastali, strumenti urbanistici, uso attuale ecc.)
  • Raccolta altri dati (vincoli MiBAC, riferimenti geo-topografici, riferimento altre schede)
  • Raccolta dati relativi al bene sul campo (ubicazione, preesistenze, spazi, impianto strutturale, pianta, fondazioni, strutture verticali, strutture di orizzontamento, coperture, scale, pavimenti e pavimentazioni, elementi decorativi, iscrizioni, lapidi, stemmi, conservazione, uso attuale)

ELABORAZIONE:

  • Elaborazione dati derivanti da ricerche bibliografiche e d’archivio 
  • Elaborazione dati derivanti da sopralluoghi sul campo 
  • Elaborazione e preparazione dati relativi alla compilazione dei campi (codici, localizzazione, riferimenti geo-topografici, ubicazione, condizione giuridica, vincoli) 
  • Compilazione delle schede Archivio controllato Bibliografia 
  • Compilazione della scheda A (organizzazione dei dati in funzione dei campi della scheda)
  • Preparazione allegati grafici e iconografici
  • Preparazione allegati fotografici

INFORMATIZZAZIONE:

  • Informatizzazione delle schede Archivio controllato Bibliografia
  • Inserimento codici delle schede Archivio controllato Bibliografia nella scheda A
  • Informatizzazione scheda A
  • Editing e inserimento degli allegati grafici e fotografici
  • Verifica

Fonte: elaborazione AEC su informazioni fornite dai testimoni privilegiati.

 

Box 4 – Processo di lavoro SCHEDE RA/catalogo

SCHEDE RA 

RICERCA:

  • Ricerca bibliografica e d’archivio di orientamento per la collezione/sito e per collezioni/siti analoghi
  • Elementi connessi all’acquisizione del bene
  • Presa di contatto fisico con i reperti: definizione dell’insieme
  • Analisi tecnico-tipologica dei singoli reperti
  • Inquadramento cronologico e dell’ambito culturale
  • Contestualizzazione del bene/collezione in un insieme più ampio (in caso di collezioni “scelte”)
  • Confronti contestuali
  • Raccolta elementi bibliografici per l’elaborazione delle schede BIB 

ELABORAZIONE:

  • Formulazione della definizione del reperto (tipologia) e controllo dei vocabolari
  • Descrizione
  • Georeferenziazione e localizzazione
  • Eventuale coordinamento campagna fotografica (fotografo istituzionale)
  • Eventuale coordinamento documentazione grafica (disegnatore istituzionale)
  • Acquisizione dati tecnici (materia prima, tecnica di realizzazione, misure ecc.)
  • Confronti puntuali
  • Riferimento ad altre schede (relazioni)
  • Interpretazione del reperto nel contesto e del contesto stesso (ad es. sepoltura, insediamento ecc.)
  • Elaborazione connesse schede BIB

INFORMATIZZAZIONE:

  • Editing allegati fotografici
  • Editing allegati grafici
  • Georeferenziazione e localizzazione
  • Redazione scheda RA
  • Compilazione connesse schede BIB

Fonte: elaborazione AEC su informazioni fornite dai testimoni privilegiati.

  

Box 5 – Processo di lavoro SCHEDE OA/catalogo 

SCHEDE OA

RICERCA:

  • Verifica esistenza vecchie schede in Soprintendenza
  • Ricerca bibliografica preliminare per l’individuazione degli edifici
  • Sopralluogo
  • Elenchi oggetti da fotografare (per fotografo istituzionale)
  • Eventuale sopralluogo con il fotografo
  • Acquisizione dati tecnici (materia prima, tecniche di realizzazione, misure ecc.)
  • Ricerca bibliografica
  • Ricerca archivistica
  • Verifica esistenza foto presso archivi (ad es. Alinari, Biblioteca Hertziana, Soprintendenze, ICCD) 

ELABORAZIONE:

  • Elaborazione testi scheda OA
  • Elaborazione testi schede BIB
  • Elaborazione testi schede AUT
  • Didascalie delle foto 

INFORMATIZZAZIONE:

  • Informatizzazione schede OA
  • Informatizzazione schede BIB
  • Informatizzazione schede AUT
  • Editing e inserimento foto
  • Eventuale stampa (OA, BIB, AUT) e inserimento schede e foto in cartelline

Fonte: elaborazione AEC su informazioni fornite dai testimoni privilegiati.

 

Box 6 – Processo di lavoro SCHEDE BDM/catalogo 

SCHEDE BDM

RICERCA:

  • Ricerca bibliografica e d’archivio (audio-visivo) preliminare
  • Sopralluogo, consultazione di fonti locali
  • Individuazione del bene
  • Operazione comparative rispetto ad altri beni analoghi o connessi
  • Individuazione degli attori sociali connessi al bene
  • Rilevazione sul campo del bene: osservazione, descrizione, misurazione ecc.
  • Eventuale raccolta di dati contestuali sul bene
  • Realizzazione di interviste
  • Realizzazione di documentazione audio-visiva del bene
  • Selezione degli elementi bibliografici per l’elaborazione delle schede BIB

ELABORAZIONE:

  • Progetto delle operazioni catalografiche e decostruzione del bene nel caso di beni complessi
  • Inquadramento del bene, architettura della scheda e costruzione delle relazioni
  • Selezione fotografie
  • Selezione “spezzoni” audio e video
  • Trattamento dei dati relativi alla documentazione audio-visiva (indici, trascrizioni ecc.)
  • Selezione documenti d’archivio ed eventuale documentazione grafica
  • Verifiche bibliografiche e d’archivio
  • Elaborazione scheda BDM
  • Elaborazione connesse schede BIB

INFORMATIZZAZIONE:

  • Editing degli allegati fotografici e dei documenti audio-visivi
  • Compilazione scheda BDM
  • Compilazione connesse schede BIB

Fonte: elaborazione AEC su informazioni fornite dai testimoni privilegiati.

 

Box 7 – Processo di lavoro SCHEDE BDI/catalogo 

SCHEDE BDI

RICERCA:

  • Ricerca bibliografica e d’archivio (audio-visivo) preliminare
  • Sopralluogo, consultazione di fonti locali
  • Individuazione del bene, dei luoghi e dei tempi
  • Operazione comparative rispetto ad altri beni analoghi o connessi
  • Individuazione degli attori sociali connessi al bene
  • Eventuale organizzazione di esecuzione su richiesta del bene
  • Rilevamento sul terreno del bene: osservazione, raccolta dati
  • Realizzazione di interviste
  • Realizzazione di documentazione audio-visiva del bene
  • Selezione degli elementi bibliografici per l’elaborazione delle schede BIB

ELABORAZIONE:

  • Progetto delle operazioni catalografiche e decostruzione del bene nel caso di beni complessi
  • Inquadramento del bene, architettura della scheda e costruzione delle relazioni
  • Selezione fotografie
  • Selezione “spezzoni” audio e video
  • Trattamento dei dati relativi alla documentazione audio-visiva (indici, trascrizioni ecc.)
  • Selezione documenti d’archivio ed eventuale documentazione grafica
  • Verifiche bibliografiche e d’archivio
  • Elaborazione scheda BDI
  • Elaborazione connesse schede BIB

INFORMATIZZAZIONE:

  • Editing degli allegati fotografici e dei documenti audio-visivi
  • Compilazione scheda BDI
  • Compilazione connesse schede BIB

Fonte: elaborazione AEC su informazioni fornite dai testimoni privilegiati.

 

Essendo il tempo/lavoro connesso alla produzione delle schede variabile in funzione del grado di complessità dello specifico intervento, la stima del costo del lavoro presuppone che il committente svolga una serie di attività, che in parte coincidono con l’attività preliminare precedentemente descritta di programmazione degli interventi, volte ad identificare e valutare le caratteristiche specifiche – e dunque il grado di complessità – dello stesso; la quantità di lavoro necessario per il suo completamento (n. giornate/lavoro) - e dunque la quantificazione del costo che l’amministrazione dovrà sostenere – deve necessariamente essere determinata in funzione di tale valutazione.

Nello specifico, un’adeguata stima del costo del lavoro presuppone che l’amministrazione svolga le seguenti attività: 

  • definizione dell’oggetto dell’affidamento (pacchetto): all’amministrazione spetta il compito di definire in dettaglio il contenuto del “pacchetto” che sarà oggetto di affidamento al singolo catalogatore o all’impresa/cooperativa[3]; in altri termini, si tratta di identificare – effettuando, se necessario, dei sopralluoghi – il numero, la tipologia, il livello di approfondimento delle schede da produrre, nonché la quantità della documentazione fotografica e degli eventuali allegati ad esse connessi; finalità principale di questa attività è quella di evitare che si verifichi un’asimmetria tra l’ammontare effettivo di schede necessario per la catalogazione dei beni oggetto dell’intervento e quello determinato in fase di affidamento[4]

 

  • valutazione e analisi dell’oggetto dell’affidamento: contestualmente alla definizione del pacchetto oggetto dell’affidamento deve essere effettuata una valutazione di tutti i fattori determinanti il livello di complessità dello stesso; in particolare, tra i principali elementi da cui dipende il grado di complessità dell’intervento vi sono:

1.       le caratteristiche dei beni oggetto dell’intervento: per ogni ambito disciplinare (tipologia di scheda) i fattori dai quali dipende il livello di complessità dei beni – e quindi dell’intervento – possono essere diversi; tra questi vi sono: il grado di serialità/omogeneità/com-plessità intrinseca dei beni (ad es. rarità del bene) e la localizzazione degli stessi (ad es. a seconda del grado di diffusione dei beni sul territorio l’attività di ricerca può risultare più o meno impegnativa);

2.       professionalità del catalogatore: il livello di complessità dell’intervento è influenzato, oltre che dalle caratteristiche specifiche dei beni cui fa riferimento, dal grado di professionalità del soggetto catalogatore che, nello specifico, risulta correlato ai seguenti aspetti:

√       livello di esperienza nel campo delle attività di catalogazione: livello di conoscenza degli standard/normative di schedatura, grado di esperienza nell’organizzare il processo di lavoro ecc.;

√       grado di esperienza rispetto all’ambito disciplinare di riferimento: ad es. antropologo esperto/neolaureato ecc.;

√       coerenza/incoerenza della specializzazione disciplinare del soggetto catalogatore con il complesso dei beni oggetto di schedatura (livello di conoscenza degli specifici beni): se la specializzazione del soggetto catalogatore coincide con la specificità dei beni in esame (ad es. la catalogazione di beni archeologici preistorici è svolta da un soggetto specializzato in beni preistorici), il catalogatore relativamente alla materia in esame detiene un consistente bagaglio informativo e adeguati strumenti interpretativi; in tal caso il grado di complessità dell’intervento (in termini di tempo/lavoro necessario per il suo completamento) è inferiore rispetto al caso in cui vi è incoerenza – pur nell’ambito del medesimo campo disciplinare - tra specializzazione del catalogatore e le caratteristiche dei beni oggetto dell’intervento.

 

  • analisi del processo di lavoro: l’identificazione in dettaglio delle fasi e sotto-fasi che compongono il processo di lavoro connesso alla produzione delle schede (mansionario) risulta essenziale per effettuare un’efficace previsione del tempo/lavoro necessario per lo svolgimento di ogni singola fase dello specifico intervento di catalogazione (Box 3 -7);

 

  • stima del tempo/lavoro: sulla base delle valutazioni effettuate in precedenza circa le caratteristiche specifiche e il grado di complessità dell’intervento – e considerando l’insieme delle attività nelle quali si sostanzia il processo di produzione delle schede (mansionario) – l’amministrazione può provvedere alla quantificazione dell’ammontare di giornate/lavoro necessarie per il completamento dello stesso. In proposito, di seguito si fornisce un esempio di quantificazione delle giornate/lavoro necessarie per la produzione delle principali tipologie di schede di catalogo (A, RA, OA, BDM, BDI); tale stima, effettuata con la collaborazione di alcuni testimoni privilegiati specializzati nei diversi ambiti disciplinari analizzati (catalogatori), è stata condotta a partire dall’identificazione di una ipotetica campagna di catalogazione equivalente alla produzione di un “pacchetto”[5] di 100 schede di catalogo di massimo livello di approfondimento (catalogo)[6]. Per ognuna delle tipologie analizzate si è provveduto ad individuare un’ipotesi-campagna[7] il più possibile realistica ed equivalente ad un livello di ordinaria complessità; i casi analizzati sono infatti stati delineati sulla base delle seguenti ipotesi semplificatorie:

1.       ordinario livello di complessità dei beni oggetto della campagna: ad es. i beni presentano un alto grado di serialità e/o di omogeneità;

2.       massima vicinanza del catalogatore ai beni da catalogare: la quantificazione del tempo/lavoro non comprende le eventuali giornate di lavoro aggiuntive che vengono inevitabilmente a prodursi nel caso di beni collocati in luoghi distanti dal catalogatore;

3.       elevata professionalità del catalogatore: la stima del tempo/lavoro è riferita alla situazione in cui vi è “coerenza tra la specializzazione disciplinare del catalogatore e il complesso dei beni facenti parte dell’ipotesi-campagna” e il catalogatore è un soggetto esperto e dotato di un “alto livello di esperienza nel campo della catalogazione”.

 

Sulla base dei processi di lavoro specifici di ciascun ambito disciplinare (mansionari), si è dunque chiesto ai catalogatori coinvolti di fornire una stima del tempo/lavoro effettivamente necessario per la produzione degli ipotetici “pacchetti” di schede delineati (Tabella 1). La quantificazione fornita – dettagliata per macro-attività - si riferisce alla situazione in cui i pacchetti sono prodotti da un singolo catalogatore e, ad eccezione delle schede BDM e BDI, non comprende il tempo/lavoro necessario per la produzione di allegati e foto[8]. Si segnala inoltre che le giornate/lavoro individuate[9] rappresentano un riferimento minimo, poiché riferite al completamento di interventi di catalogazione di ordinaria complessità. Nel caso di interventi maggiormente complessi il tempo/lavoro può infatti aumentare, soprattutto per un incremento delle giornate/lavoro necessarie per l’espletamento della macro-attività ricerca[10]; viceversa, un riduzione dei tempi/lavoro potrebbe sì verificarsi, ma solo nel caso di un miglioramento dei sistemi informativi[11].

 

Tabella 1 – Numero di giornate/lavoro necessarie per la produzione di 100 schede di livello “catalogo”

ATTIVITA'

A (*)

RA

OA

BDM

BDI

 
 

Ricerca

40

14

23

31

98

 

Elaborazione

120

23

18

51

114

 

Informatizzazione

25

3

19

28

70

 

TOTALE

185

40

60

110

282

 

Giornate/lavoro per scheda

1,9

0,4

0,6

1,1

2,8

 

Note: (*) livello precatalogo. Fonte: elaborazione AEC su informazioni fornite dai testimoni privilegiati.

 

  • identificazione del livello retributivo di riferimento: una volta quantificato il tempo/lavoro necessario per il completamento dello specifico intervento di catalogazione, la stima del costo del lavoro presuppone che venga attribuito un valore al tempo/lavoro quantificato, individuando un “costo lordo a giornata/lavoro” di riferimento; date le peculiarità del settore produttivo in esame, che si caratterizza per una committenza di natura prevalentemente pubblica (Stato, Regioni ecc.), allo stato attuale non esistono veri e propri riferimenti retributivi di mercato; gli unici confronti disponibili sono i prezzi-scheda compresi nei tariffari attualmente in uso da alcune amministrazioni regionali che, tuttavia, considerata la forte variabilità che caratterizza il settore, non equivalgono ad un salario di riferimento certo e stabile[12]. Per tali motivi, al fine di effettuare una stima del costo del lavoro, le amministrazioni devono necessariamente individuare un livello retributivo di mercato benchmark, relativo ad una figura professionale analoga a quella del catalogatore di beni culturali, per livello di qualifica e tipologia di lavoro[13].

 

Sulla base degli aspetti appena delineati è possibile effettuare alcune considerazioni relativamente al criterio di riferimento maggiormente adeguato ai fini della definizione dei “pacchetti”, con particolare riferimento al caso di affidamento delle attività a singoli catalogatori.

Se in caso di svolgimento delle attività da parte di un’impresa, infatti, l’eventuale suddivisione della campagna in “pacchetti” di schede non presenta particolari problematiche (come anticipato, in questo caso l’amministrazione potrà definire “pacchetti” anche piuttosto articolati in termini di numero di schede e localizzazione dei beni; sarà l’impresa ad organizzarsi in maniera tale da ottimizzare le attività, per gestire al meglio la complessità dell’intervento), nel caso di affidamento delle attività a singoli catalogatori la definizione dei “pacchetti” secondo un criterio o un altro (ad es. per numero di schede, o per livello di complessità), gioca un ruolo fondamentale nel determinare l’efficacia e l’efficienza dell’azione dell’amministrazione.

In tal senso, la definizione dei “pacchetti” per livello di complessità (e quindi secondo l’ammontare di tempo/lavoro necessario per il loro completamento) appare una soluzione che permetterebbe di evitare gli eventuali effetti distorsivi che potrebbero verificarsi qualora si seguisse un criterio meramente legato al numero delle schede comprese nel pacchetto: pacchetti omogenei per numero di schede (e quindi retribuiti in maniera equivalente sulla base del criterio “prezzo-scheda x numero di schede”), potrebbero in realtà differenziarsi fortemente per livello di complessità; in questo caso, l’effetto distorsivo che verrebbe a determinarsi è legato al fatto che i pacchetti maggiormente complessi (se retribuiti in misura equivalente a quelli più semplici) risulterebbero anche i meno convenienti. In questo caso, se il meccanismo di affidamento  adottato dall’amministrazione dovesse prevedere che i catalogatori maggiormente esperti siano privilegiati nella scelta dei “pacchetti” (secondo il criterio “chi è più bravo prima sceglie”), si verificherebbe sempre la situazione in cui i pacchetti maggiormente complessi (e meno convenienti) verrebbero affidati ai catalogatori meno esperti, con il risultato che probabilmente l’amministrazione non otterrebbe schede di catalogo del livello qualitativo sperato. Se viceversa, i pacchetti fossero definiti (e retribuiti) sulla base del loro effettivo grado di complessità, risulterebbero tutti egualmente convenienti.

Nel migliore dei mondi possibili, al fine di minimizzare il costo del lavoro da sostenere (e raggiungere il livello qualitativo atteso), l’amministrazione dovrebbe dunque delineare i pacchetti oggetto di affidamento secondo le seguenti condizioni:

  1. definizione (e retribuzione) dei “pacchetti” in base al criterio dell’effettivo livello di complessità (e, se possibile, definizione di pacchetti tra loro omogenei);
  2. affidamento dei pacchetti a catalogatori dotati di elevata professionalità (elevata esperienza nel campo della catalogazione, elevata esperienza nell’ambito disciplinare di riferimento, specializzazione coerente con i beni oggetto dell’intervento): in tal modo si minimizzerebbe il tempo/lavoro necessario per il completamento degli interventi e quindi il “costo del lavoro” sostenuto dall’amministrazione.

 

Tuttavia, non essendo sempre possibile definire pacchetti omogenei per livello di complessità ed avere a disposizione catalogatori di elevata professionalità, l’amministrazione dovrebbe prevedere meccanismi di affidamento in grado di far collimare il grado di professionalità del catalogatore con il grado di complessità dell’intervento, al fine ottimizzare l’impiego delle risorse utilizzate garantendo al contempo un elevato livello di qualità del prodotto.

 


[1]   La ricostruzione dettagliata delle diverse fasi e sotto-fasi (mansionario) in cui si sostanzia il processo di lavoro relativo alle diverse tipologie di schede è stata effettuata con la collaborazione di alcuni soggetti esperti del settore produttivo in esame, provenienti sia dal lato della domanda (amministrazioni) sia dal lato dell’offerta (catalogatori, cooperative, imprese) del mercato catalografico.

[2]   Ad eccezione delle schede architettoniche di tipo A, per le quali si è analizzato il livello precata-logo.

[3]  Si ricorda che, sulla base dell’ampiezza/complessità della campagna di catalogazione e in funzione del soggetto destinatario dell’affidamento (singolo/impresa), la campagna può essere suddivisa o meno in “pacchetti” di schede; se a svolgere i servizi di catalogazione è un’impresa, ad esempio, la campagna potrebbe non essere suddivisa in “pacchetti”, bensì essere affidata interamente alla suddetta impresa.

[4] Dall’indagine effettuata presso alcuni testimoni privilegiati si è appreso che non di rado si verificano situazioni in cui al singolo catalogatore spetta l’ulteriore compito di “selezionare i beni da catalogare”; ciò si verifica, ad esempio, nel caso in cui il numero di schede effettivamente necessarie per la catalogazione di un dato insieme di beni risulta superiore al numero di schede previste dal contratto di affidamento; tale eventualità, che si attribuisce al mancato svolgimento di un’approfondita attività di programmazione degli interventi da parte dell’amministrazione committente, può talvolta contribuire ad aggravare sensibilmente il processo di lavoro dei catalogatori.

[5] L’analisi non è stata effettuata ragionando in termini di singola scheda, bensì in termini di “pacchetto” di schede (e, solo a ritroso, in termini di singola scheda). Le motivazioni che hanno condotto verso tale orientamento metodologico risiedono principalmente nella difficoltà dei diversi testimoni nel ragionare in termini di singola scheda, non tanto per quanto riguarda la definizione delle diverse fasi del processo di lavoro (che restano invariate), quanto per ciò che concerne la quantificazione del tempo/lavoro ad esse associato; ciò per varie ragioni: in primo luogo, la dimensione del “pacchetto” di schede è quella più vicina alla realtà del settore catalografico, la cui consuetudine vede affidamenti ed incarichi avere ad oggetto la produzione di un insieme di schede, correlate alla catalogazione di un dato ammontare di beni; in secondo luogo, tali “pacchetti” sono generalmente costituiti da beni di diversa complessità, la cui catalogazione può comportare un impiego di tempo/lavoro differente; infine, nella dimensione del “pacchetto” alcune attività del processo produttivo (ad es. macro-attività ricerca) possono essere comuni e trasversali alle varie schede, venendosi in tal modo a generare economie di scala (nel caso di schede della stessa tipologia) o di scopo (nel caso di pacchetti di schede di diversa tipologia). In ragione di tali considerazioni, la dimensione della singola scheda avrebbe richiesto ai testimoni privilegiati uno sforzo di astrazione troppo elevato, che avrebbe potuto condurre ad una quantificazione distorta dei relativi tempi/lavoro.

[6] Per le schede architettoniche di tipo A si è analizzato e quantificato il processo produttivo relativo al livello di schedatura precatalogo. La produzione di schede A di livello catalogo appare infatti alquanto rara e, in ogni caso, i testimoni che hanno contribuito alla ricerca non hanno mai avuto esperienze in tal senso.

[7] Schede A: catalogazione di beni collocati nello stesso centro urbano. Schede RA: catalogazione di un lotto di beni “già selezionati”, conservati presso un museo ed omogenei per periodo storico di riferimento o per contesto territoriale di appartenenza. Schede OA: catalogazione di beni storico-artisti conservati presso una chiesa di medie dimensioni: beni raggruppati in un unico luogo, che presentano diversi livelli di complessità ma in ogni caso tali che la complessità media dell’intervento non risulta particolarmente elevata, bensì nella norma. Schede BDM: catalogazione “sul campo” di beni la cui catalogazione può presentare anche schede connesse tra loro (ad es. la catalogazione di un “costume” può prevedere una scheda complessiva “costume” e diverse schede “minori” relative alle parti del costume stesso). Schede BDI: catalogazione di beni demoetnoantropologici immateriali (ad es. saperi, letteratura orale, gioco, festa, cerimonia, abitudine consuetudinaria) non particolarmente complessi.

[8] Dall’indagine effettuata si è appreso che la produzione della documentazione fotografica e degli allegati alle schede può non competere necessariamente al soggetto catalogatore, bensì ad altri soggetti (ad es. fotografo). I tempi/lavoro riportati non sono dunque comprensivi di tale attività. Viceversa, nel caso della catalogazione di beni demoetnoantropologici (schede BDM, BDI) il catalogatore è responsabile della produzione di tutta la documentazione (audio, video) necessaria, in ragione del peso scientifico che tale documentazione assume nel processo di catalogazione del bene. In questo caso la quantificazione fornita comprende il tempo/lavoro impiegato per lo svolgimento di tali attività.

[9] Una giornata/lavoro equivale a 8 ore lavorative.

[10] Nella quantificazione fornita, per tutte le tipologie – ad eccezione delle schede OA - la fase di elaborazione delle schede sembra prevalere su quella di ricerca; tale circostanza è attribuibile al fatto che i valori indicati si riferiscono ad ipotesi-campagna che non presentano un elevato grado di complessità. Al crescere del grado di complessità delle campagne infatti la “ricerca” assumerebbe un peso maggiore sul processo di produzione delle schede: caratteristica comune a tutte le tipologie, infatti, è il fatto che la maggiore o minore complessità degli interventi incide in misura prevalente su tale macro-attività.

[11] Attualmente l’attività di informatizzazione delle schede sembra assorbire un tempo di lavoro piuttosto rilevante, pur variando a seconda della tipologia di scheda; tale circostanza è riconducibile al fatto che tale attività (riversamento delle schede nel sistema informativo dell’amministrazione committente) nella maggior parte dei casi non avviene contestualmente alla fase di elaborazione delle schede e richiede che il catalogatore - non avendo a disposizione il programma per l’inserimento delle schede – possa svolgere tale attività solo ed esclusivamente presso gli uffici dell’amministrazione committente; tali aspetti si traducono necessariamente nel prolungamento dei tempi di lavoro che – nel caso di cattivo funzionamento dei sistemi informativi – verrebbe ulteriormente ad aggravarsi. In tal senso, un miglioramento dei sistemi informativi, per quanto riguarda i formati di interscambio e i data-entry (anche via web), potrebbe apportare un risparmio di risorse umane, e dunque di risorse finanziarie, assai consistenti.

[12] Prezzi-scheda fissi, quali quelli presenti in un tariffario, equivalgono ad un retribuzione del lavoro piuttosto variabile e che, in taluni casi, può risultare fortemente contenuta: è il caso, ad esempio, in cui il prezzo-scheda percepito dal catalogatore viene in gran parte assorbito dalle spese generali o dalle spese di viaggio/vitto/alloggio da questi sopportate.

[13] Tra le possibili retribuzioni di riferimento si individuano: la retribuzione lorda di un funzionario dipendente della pubblica amministrazione (livello retributivo C1), o quella di un ricercatore universitario (al 1° anno, non confermato). La retribuzione lorda annua di quest’ultimo, in particolare, ammonta a € 31.112,99 ed equivale ad una retribuzione a giornata/lavoro pari a €117,85. In proposito, si segnala che allo stato attuale i livelli retributivi applicati nel settore della catalogazione risultano piuttosto inferiori a quelli qui indicati come benchmark; per ulteriori approfondimenti si rimanda a Il tariffario per la catalogazione…. cit. di cui questo testo è parte.

Viaggi, vitto, alloggio

La componente di costo costituita dalle spese di viaggio/vitto/alloggio, come la componente “costo del lavoro”, risulta fortemente variabile in funzione delle caratteristiche dello specifico intervento di catalogazione. In termini generali, lo svolgimento delle attività di catalogazione può comportare che il catalogatore effettui un numero variabile di sopralluoghi che possono talvolta generare, oltre a costi di viaggio (ad es. biglietti di eventuali mezzi pubblici, costo del carburante auto ecc.), anche spese di vitto e alloggio dovute al pernottamento nella zona ove i beni oggetto di schedatura sono custoditi/localizzati. Tali spese possono dunque variare sensibilmente in funzione dei seguenti fattori:

  1. localizzazione dei beni: distanza del catalogatore dal luogo in cui essi sono localizzati, grado di dispersione dei beni sul territorio, accessibilità dei beni ecc.
  2. grado di complessità dell’intervento: ad es. nel caso di beni particolarmente complicati potrebbe verificarsi che il numero di sopralluoghi necessari per l’analisi del bene aumenti notevolmente[1].

 

Ai sopralluoghi finalizzati alla visione/analisi del bene, possono inoltre aggiungersi ulteriori spostamenti necessari per l’espletamento di tutte le macro-attività del processo di lavoro, quali la ricerca e l’informatizzazione (ad es. recarsi presso biblioteche, archivi, soprintendenze, presso l’amministrazione committente per l’inserimento delle schede nel relativo sistema informativo ecc.). In talune occasioni (ad es. nel caso della catalogazione di beni demoetnoantropologici) tali spese possono raggiungere anche livelli molto elevati, determinando – se sostenute interamente dal catalogatore e non rimborsate da parte dell’amministrazione committente – una significativa riduzione della retribuzione da questi effettivamente percepita[2].

Per tali motivi, in fase di programmazione e valutazione dei costi delle attività, l’amministrazione dovrebbe agire secondo i seguenti suggerimenti:

  1. le spese di viaggio/vitto/alloggio debbono essere opportunamente stimate e scorporate dal budget dell’amministrazione; in tal modo, l’amministrazione può determinare l’effettivo ammontare di risorse destinabili all’attività di produzione delle schede (“costo del lavoro”);
  2. al fine di minimizzare tali spese, l’amministrazione (nel caso di affidamento delle attività a singoli catalogatori) dovrebbe implementare meccanismi di affidamento delineati secondo un criterio di “massima vicinanza del catalogatore ai beni oggetto dell’intervento”; nel caso di svolgimento delle attività da parte di un’impresa (o di una cooperativa), invece, l’obiettivo di minimizzazione delle spese di viaggio/vitto/alloggio sarà perseguito dall’impresa stessa, mediante un’opportuna organizzazione del lavoro.

La stima delle spese di viaggio/vitto/alloggio connesse ad uno specifico intervento di catalogazione prevede dunque le seguenti attività:

  1. determinazione del numero di sopralluoghi e altri spostamenti necessari per il completamento dell’intervento, sulla base della valutazione delle caratteristiche specifiche e del grado di complessità dello stesso (previsione del n. di viaggi, pernottamenti, pasti);
  2. individuazione di parametri di riferimento per il rimborso delle spese, anche sulla base di indagini di mercato (ad es. tariffe di alberghi, bed&breakfast e altro per quanto riguarda i pernottamenti, parametri di riferimento relativi al rimborso per km delle spese di viaggio, prezzi dei servizi di ristorazione per il rimborso spese connesso ai pasti ecc.).

 


[1] In tal senso, occorre segnalare che la localizzazione dei beni non incide esclusivamente sul complesso delle spese qui analizzate, ma va altresì ad influenzare il tempo/lavoro necessario al completamento del processo produttivo (componente “costo del lavoro”); al crescere della distanza del catalogatore dal luogo dove i beni sono localizzati (o in caso di localizzazione dei beni oggetto di una campagna in luoghi diversi) il tempo impiegato dal catalogatore per completare il processo produttivo tende inevitabilmente ad incrementarsi.

[2] Tale aspetto determinerebbe per l’amministrazione il rischio di non ottenere un prodotto del livello qualitativo atteso (rischio qualità).

Spese generali

Nella determinazione del prezzo delle attività di catalogazione ai fini dell’affidamento dei servizi a soggetti esterni all’amministrazione va necessariamente considerato che una parte delle risorse a questi corrisposte viene assorbito dall’insieme delle cd. spese generali da questi sostenute. Nelle spese generali sono compresi tutti quei costi (sostenuti, a seconda dei casi, dal catalogatore, dalla cooperativa o dall’impresa) relativi allo svolgimento delle attività e non imputabili direttamente allo specifico intervento di catalogazione; tra questi vi sono:

  1. le spese (ammortamenti) connesse all’acquisto della strumentazione necessaria per la produzione delle schede (ad es. computer, macchina fotografica, telefono, strumenti di misurazione, materiale di cancelleria);
  2. il complesso dei costi di funzionamento connessi al mantenimento di un’eventuale sede di lavoro (ad es. canone affitto ufficio, spese per utenze);
  3. altre spese, quali costi per assicurazione, costi amministrativi ecc.

Le spese generali rappresentano, dunque, l’insieme dei costi fissi generati dall’esercizio dell’attività professionale del catalogatore (o della cooperativa/impresa) e attribuibili solo indirettamente, “in quota”, allo specifico intervento di catalogazione; in tal senso, costituiscono una componente di costo non direttamente correlata alle caratteristiche (grado di complessità) dello stesso.

Di seguito è illustrata una stima – a titolo esemplificativo - delle spese generali annue di un singolo catalogatore (Tab. 2): gli ammortamenti, calcolati su cinque annualità, delle spese connesse all’acquisto della strumentazione necessaria per lo svolgimento dell’attività lavorativa, le spese connesse al mantenimento della sede di lavoro (arredi, canone di affitto, utenze) e le altre spese attribuibili all’attività lavorativa del catalogatore (assicurazione, acquisto libri)[1]. Le spese generali dei catalogatori di beni demoetnoantropologici (BDM, BDI) risultano leggermente superiori a quelle sostenute dai catalogatori di altre discipline poiché i primi devono sostenere maggiori spese di strumentazione[2].

 

Tabella 2 – Esempio di stima delle “spese generali” annue del catalogatore

 

STRUMENTAZIONE

Costo complessivo

 

Quota ammortamento

annua
(su 5 annualità) 

Computer

€ 500,00

 

€ 100,00

Stampante

€ 150,00

 

€ 30,00

Macchina fotografica

€ 120,00

 

€ 24,00

Scanner

€ 140,00

 

€ 28,00

Telefono cellulare

€ 150,00

 

€ 30,00

Videocamera (*)

€ 200,00

 

€ 40,00

Registratore audio (*)

€ 100,00

 

€ 20,00

Arredo:

 

 

 

Scrivania

€ 120,00

 

€ 24,00

Sedie

€ 80,00

 

€ 16,00

Libreria

€ 100,00

 

€ 20,00

UTENZE

Quota/mese

Quota/anno

Quota attribuibile (**)

canone telefonico cellulare

€ 30,00

€ 360,00

€ 120,00

ADSL + telefono fisso

€ 25,00

€ 300,00

€ 100,00

elettricità

€ 30,00

€ 360,00

€ 120,00

gas

€ 20,00

€ 240,00

€ 80,00

ALTRE SPESE

Quota/mese

Quota/anno

Quota attribuibile

canone affitto (**)

€ 700,00

€ 8.400,00

€ 2.800,00

spese condominiali (**)

€ 120,00

€ 1.440,00

€ 480,00

assicurazione

 

€ 200,00

€ 200,00

libri

 

€ 500,00

€ 500,00

TOTALE SPESE GENERALI ANNUE:

€ 4.672,00

Spese generali annue/retribuzione lorda annua

15,02%

(catalogatore BDM-BDI)

 TOTALE SPESE GENERALI ANNUE:

€ 4.732,00

Spese generali annue/retribuzione lorda annua

15,21%

Note: (*) solo catalogatori schede BDM-BDI; (**) quota attribuibile: 33% di quota/anno. Fonte: elaborazione AEC.

 

Posto che la quota di spese generali può modificarsi nel tempo (ad es. in caso di riduzione dei prezzi del materiale di strumentazione dovuta a progresso tecnologico, oppure in caso di un aumento della retribuzione annua), la stima effettuata nel presente lavoro - sulla base di determinate condizioni[3]- mostra come risultato una quota di spese generali del 15%.

 


[1] Per alcune di queste (utenze, canone di affitto, spese condominiali) all’attività lavorativa è stato attribuita una quota pari ad un terzo del totale annuo.

[2] La produzione della documentazione audio-visiva connessa alle schede BDM-BDI necessita dell’acquisto di strumenti quali “videocamera” e “registratore vocale”.

[3] La stima delle spese generali è stata effettuata in funzione di una retribuzione lorda annua di riferimento equivalente a quella di un ricercatore universitario (al 1° anno, non confermato) che nello specifico ammonta a € 31.112,99 ed equivale ad una retribuzione a giornata/lavoro pari a € 117,85.

Inoltre, per il calcolo delle spese di strumentazione, funzionamento ecc. si è fatto riferimento a prezzi e tariffe di mercato di medio livello.

Profitti

L’ultima componente di prezzo che deve essere valutata in fase di determinazione del prezzo dell’intervento di catalogazione è costituita dai profitti: tale componente andrà considerata solo nel caso in cui i servizi di catalogazione siano svolti da un’impresa. Come nel caso delle “spese generali”, si tratta di una componente indipendente dalle caratteristiche specifiche dell’intervento (grado di complessità), corrispondente infatti ad una quota (margine) delle restanti componenti connesse all’intervento di catalogazione.

Esempio

Di seguito si fornisce – a titolo puramente esemplificativo – una schematizzazione del metodo connesso alla stima del prezzo di un intervento di catalogazione equivalente alla produzione di n. 100 schede di catalogo di un’ipotetica tipologia “X”; tale stima, come si vedrà in seguito, è facilmente riconducibile al prezzo di produzione di una singola scheda. Si segnala che i prezzi scheda che emergono dall’esempio qui proposto non sono da considerarsi tariffe da prendere a riferimento; l’esempio è esclusivamente finalizzato ad esplicitare il processo sottostante la stima dei prezzi.

Come mostra la Tabella 3, la stima del costo del lavoro varia in funzione del grado di complessità dell’intervento: ad un maggiore grado di complessità dell’intervento corrisponde un maggiore tempo/lavoro previsto per il suo completamento e dunque – a parità di retribuzione a giornata/lavoro di riferimento - un maggiore costo del lavoro.

 

Tabella 3 – Esempio: campagna di catalogazione di 100 schede “X” – stima del “costo del lavoro”

Complessità della campagna

totale giornate/lavoro previste

costo a giornata/lavoro

(*)

TOTALE

COSTO DEL LAVORO

Bassa

50

€ 100,00

€ 5.000,00

Media

100

€ 100,00

€ 10.000,00

Elevata

150

€ 100,00

€ 15.000,00

Note: (*) retribuzione lorda del catalogatore: comprensiva di salario, oneri sociali e oneri fiscali. Fonte: elaborazione AEC.

 

Nella tabella seguente è rappresentata la stima delle spese di viaggio/vitto/alloggio connesse all’intervento di catalogazione preso ad esempio (catalogazione di 100 schede di tipologia “X”), calcolate secondo parametri di riferimento da considerarsi puramente indicativi; come illustrato in Tabella 4, la previsione del numero di viaggi, pernottamenti e pasti è direttamente correlata al grado di complessità dell’intervento[1].

 

Tabella 4 – Esempio: campagna di catalogazione di 100 schede “X” – stima delle “spese di viaggio/vitto/alloggio”

Comples-sità della campagna

Km

Rimb.

 a km

Pedaggi autostr.

Totale
spese viaggio

Per-notti

Rimbor.per

notte

Totale
spese alloggio

Pa-sti

Rimbor. a pasto

Totale
spese vitto

TOTALE

Bassa

600

€ 0,28

€ 10,00

€ 178,00

1

€ 50,00

€ 50,00

3

€ 20,00

€ 60,00

€ 288,00

Media

900

€ 0,28

€ 15,00

€ 267,00

3

€ 50,00

€150,00

6

€ 20,00

€ 120,00

€ 537,00

Elevata

1200

€ 0,28

€ 20,00

€ 356,00

6

€ 50,00

€300,00

10

€ 20,00

€ 200,00

€ 856,00

Fonte: elaborazione AEC.

 

Nella Tabella 5 si illustra, a titolo esemplificativo, la quantificazione della componente di prezzo costituita dalle spese generali in riferimento all’ipotetico intervento di catalogazione qui considerato; tale quantificazione è stata effettuata prendendo a riferimento la quota parametrica di spese generali stimata nell’esempio precedentemente illustrato (15%).

 

Tabella 5 –Esempio: campagna di catalogazione di 100 schede “X” – stima delle “spese generali”

Complessità della campagna

totale "costo del lavoro" previsto

(*)

quota % spese generali

TOTALE

SPESE GENERALI

Bassa

€ 5.000,00

15%

€ 750,00

Media

€ 10.000,00

15%

€ 1.500,00

Alta

€ 15.000,00

15%

€ 2.250,00

Note: (*) retribuzione lorda del catalogatore (salario+oneri sociali+oneri fiscali) relativa allo specifico affidamento. Fonte: elaborazione AEC.

 

Nella Tabella 6, è illustrata la quantificazione della componente profitti d’impresa nell’ipotesi che il margine operato dall’impresa, come previsto dall’amministrazione, sia del 5%[2].

 

Tabella 6 – Esempio: campagna di catalogazione di 100 schede “X” – stima dei “profitti d’impresa”

Complessità della campagna

costo lavoro + spese V/VA + spese generali

quota % profitti

 

TOTALE

Bassa

€ 6.038,00

5%

€ 301,90

Media

€ 12.037,00

5%

€ 601,85

Alta

€ 18.106,00

5%

€ 905,30

Fonte: elaborazione AEC.

 

In conclusione, la stima delle diverse componenti di prezzo connesse all’attività produttiva catalografica conduce alla determinazione dal prezzo complessivo dell’intervento (eventualmente riconducibile ad un prezzo-scheda), che risulta pertanto diverso a seconda della valutazione del grado di complessità dello stesso (Tab. 7).

 

Tabella 7 – Esempio: campagna di catalogazione di 100 schede “X” – stima del prezzo complessivo della campagna

Complessità della campagna

 

COSTO DEL LAVORO

SPESE DI V/V/A

SPESE GENERALI

PROFITTI

PREZZO TOTALE

PREZZO-SCHEDA

 
 

Bassa

€ 5.000,00

€ 288,00

€ 750,00

€ 301,90

€ 6.339,90

€ 63,40

 

Media

€ 10.000,00

€ 537,00

€ 1.500,00

€ 601,85

€ 12.638,85

€ 126,39

 

Alta

€ 15.000,00

€ 856,00

€ 2.250,00

€ 905,30

€ 19.011,30

€ 190,11

 

Note: (*) retribuzione lorda del catalogatore (salario+oneri sociali+oneri fiscali) relativa allo specifico affidamento. Fonte: elaborazione  AEC.

 


[1] Tuttavia, tale correlazione non è da considerarsi sempre valida: potrebbero infatti verificarsi situazioni in cui, a fronte di un elevato livello di complessità dell’intervento, le spese di viaggio/vitto/alloggio non raggiungono necessariamente valori elevati.

[2] Tale percentuale è stata definita sulla base delle indicazioni forniteci da alcuni testimoni privilegiati coinvolti nella ricerca; si segnala, tuttavia, che la percentuale qui indicata è da considerarsi un riferimento pressoché massimo, poiché il settore produttivo catalografico non sembra sempre consentire il conseguimento di margini di profitto.

Tecnologia Rfid

Abstract

Sull'uso della tecnologia RFId nei processi di gestione dei beni culturali

Esperti di vari Istituti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo hanno preso in considerazione l’adozione della tecnologia a radiofrequenza (Radio Frequency Identification o RFID) per l’identificazione, la gestione e la catalogazione dei beni culturali. In questo lavoro si esaminano gli specifici requisiti da prevedere per l’applicazione di RFID ai beni culturali, per garantirne l’idoneità dal punto di vista della conservazione e l’integrazione in un flusso controllato e condiviso di conoscenze.

Hanno lavorato alla stesura dell'approfondimento:

E. Benes, M.L. Mancinelli*, A. Negri*, E. Plances*, E.J. Shepherd*, M. Tibuzzi

con contributi di C. Cacace**, M. Coladonato**, A. Di Giovanni**, M.S. Sconci***, G. Sidoti**

Il progetto RFID

L’evoluzione tecnologica ha favorito l’integrazione degli elementi di conoscenza connessi alla gestione, alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale. L’iccd segue da tempo con particolare interesse la sperimentazione di tecnologie innovative quali l’identificazione a radiofrequenza (Radio Frequency Identification o RFID), nella convinzione che possano essere determinanti per una più puntuale e capillare gestione dei beni, operata in stretta coerenza con le attività inventariali e catalografiche.

L’acronimo RFID indica la tecnologia che consente il riconoscimento a distanza di oggetti tramite le onde radio. I dati, memorizzati in un microchip, possono essere letti grazie a un'antenna che riceve e trasmette i segnali radio da e verso il lettore RFID, cioè un dispositivo, fisso o portatile, in grado di convertire le onde radio in un segnale digitale che può essere trasferito su un computer; il caricamento dei dati nel microchip avviene tramite computer o palmare. Il termine tag (etichetta) indica l’insieme del chip e dell’antenna, contenuti in un involucro, cartaceo o di altro materiale (detto anche packaging); nel corso di questo lavoro questi termini, italiani ed inglesi, saranno intercambiabili.

L’Istituto ha ben presente la specificità delle problematiche gestionali delle singole realtà museali, compresa la complessa gestione dei materiali conservati nei depositi in Soprintendenze e Musei; tuttavia ha individuato in alcune esperienze già operanti sul territorio[1] elementi di particolare congruenza con il processo di catalogazione.

L’intenzione di sviluppare questo aspetto significativo della tutela ha richiamato la partecipazione dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR) al progetto che l’ICCD ha iniziato a elaborare nel 2008 su incarico del Segretariato Generale, che propone l’applicazione sperimentale di tecnologie RFID nel trattamento delle informazioni connesse alla gestione dei beni. L’ISCR (M. Coladonato, G. Sidoti, A. Di Giovanni) ha collaborato in particolare alla definizione delle caratteristiche dei materiali di adesione degli involucri dei tag RFID (All. 4) e la compatibilità delle varie tipologie di tag con le opere d’arte; ha verificato inoltre l’integrazione delle informazioni nella banca-dati della Carta del Rischio (C. Cacace)[2]. Hanno anche partecipato ai lavori un consulente esperto in tecnologie RFID (E. Benes) e un funzionario storico dell’arte del Museo del Palazzo di Venezia (M.S. Sconci) che ha messo a disposizione un’articolata selezione di beni su cui condurre una delle fasi di sperimentazione, curata in particolare da una restauratrice (M. Tibuzzi) (All. 2 e 3).



*Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD); ** Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR); ***Polo Museale della Città di Roma, Palazzo di Venezia.

[1] Un primo approccio in Ferrante, Plances, Shepherd 2007, con riferimento all’esperienza di gestione RFID dei depositi archeologici di Ostia (Shepherd, Benes 2007: http://www.ostia-antica.org/fulltext/shepherd/shepherd_RFID.pdf, con bibl.) e del patrimonio archeologico della Valle d’Aosta (Pedelì 2009, pp. 49 e ss.).

[2] Per la Carta si rimanda a www.cartadelrischio.it

Gli obiettivi

La ricerca punta alla definizione dei criteri di relazione tra codice univoco di catalogazione (NCT[1]) e codice univoco di inventario attraverso il codice identificativo univoco del tag (standard ISO 15693), al fine di realizzare l’ottimizzazione dei processi di rilevazione dei dati conoscitivi. La ricerca si propone inoltre:

  • la definizione degli standard di uso;
  • la verifica dell’applicabilità della tecnologia RFID alle distinte tipologie di beni.

Costituiscono infine ulteriori obiettivi:

  • la sperimentazione e l’individuazione della frequenza di lavoro dei microchip più idonea alle esigenze specifiche;
  • la sperimentazione di distinti packaging, adeguati ai diversi tipi di materiali costitutivi dei beni;
  • la rintracciabilità dei beni.

In particolare l’ICCD si propone di effettuare una prima analisi delle implementazioni necessarie al sistema informativo del catalogo per una corretta interazione con la tecnologia RFID.

Il Comando Tutela Patrimonio Culturale ha mostrato interesse a verificare la funzionalità della tecnologia indicata per le finalità di identificazione e rintracciabilità dei beni. In particolare è ritenuta importante la possibilità di acquisire in tempi rapidi i dati relativi ad oggetti successivamente al loro trafugamento; al contrario, la tecnologia RFID ad oggi non viene considerata sufficientemente idonea come strumento preventivo di contrasto alle sottrazioni illecite[2].

Un altro ambito di particolare interesse riguarda l’utilizzo di RFID in occasione di eventi calamitosi: se correttamente applicata, infatti, questa tecnologia consente di ottenere un quadro veloce ed esauriente dei beni mobili presenti in un qualsiasi ‘contenitore’ (un palazzo, una chiesa, un deposito, ecc.), con la loro collocazione specifica nell’immobile (piano, stanza, vetrina o scatola, ecc.). Tramite l’utilizzo di questa tecnologia è possibile, con costi contenuti, gestire il posizionamento dei beni mobili all’interno di contenitori, dove per contenitori si intendono i beni immobili, nella gerarchia di edificio, piano, stanza, scaffale, ripiano ecc. fino alla teca e/o cassetta, a seconda del campo d’utilizzo. E’ possibile applicare un tag a ogni livello di questa gerarchia cosicché ogni oggetto avrà le coordinate relative al suo posizionamento.

Queste informazioni possono essere visualizzate in una struttura gerarchica ad albero oppure in modalità grafica sulla planimetria della struttura. Ad ogni eventuale spostamento dell’oggetto sarà sufficiente ricostruirne le coordinate attraverso la lettura del/dei tag posti sul contenitore, il sistema automaticamente riposizionerà l’oggetto tenendo conto delle nuove informazioni. Un valido esempio di questo tipo di gestione è funzionante all’interno dei depositi di Ostia Antica[3].

Questo legame tra bene mobile ed edificio che lo contiene è di interesse anche per la “Carta del Rischio” che si occupa, al momento, di individuare e georiferire sul territorio i beni culturali immobili[4]. Il processo avviene mediante l’inserimento di una serie di informazioni di base (Scheda Anagrafica) all’interno di un tracciato schedografico standardizzato, basato sui modelli dell’ICCD. A questi dati anagrafici vengono poi successivamente collegate tutte le altre informazioni di dettaglio, che vanno dall’individuazione dello stato di conservazione fino alla valutazione dei fattori di rischio (sismico, strutturale, antropico, ecc.). Al momento sono stati georiferiti all’incirca 96.000 beni immobili, e nel sistema sono presenti 4.000 schede di vulnerabilità (di cui più della metà sono su beni mobili). Nel progetto è previsto che, una volta coperto almeno il 60% dei beni georiferiti con le schede di rischio, si potrà passare all’individuazione della vulnerabilità degli oggetti contenuti negli edifici. Si considera di particolare utilità dotare i beni mobili di tag RFID e gestire tutte le informazioni anche all’interno delle schede di vulnerabilità.



[1] Il codice univoco di catalogazione NCT (registrato nell’omonimo campo presente nei tracciati ICCD) è il codice che identifica, nel Sistema nazionale del Catalogo, ciascun bene culturale e la rispettiva scheda; tale codice è composto dalla sequenza dei valori contenuti nei sottocampi NCTR (Codice ISTAT della Regione in cui si trova il bene) NCTN (numero di otto cifre assegnato dall’ICCD a ciascuna scheda di catalogo, secondo l’ordine progressivo relativo ad una determinata Regione) e NCTS (eventuale suffisso assegnato in occasione di attività di revisione di schede pregresse). Per informazioni di dettaglio sulle modalità di assegnazione dei numeri di catalogo: http://www.iccd.beniculturali.it/index.php?it/421/assegnazione-numeri-di-catalogo.

[2] Si veda http://www.carabinieri.it/Internet/Editoria/Carabiniere/2004/11-Dicembre/Scienze/062-00.htm. Si ringrazia il Comando Tutela Patrimonio Culturale (Cap. Gianpietro Romano, Cap. Massimo Quagliarella) per gli utili scambi di informazioni.

[3] Cfr. nota 1.

[4] Il SIT Carta del Rischio, messo a punto dell’Istituto Superiore per la Conservazione (già ICR) è un sistema di sperimentazione sul territorio, per la conoscenza sul rischio di danno dei beni immobili architettonici e archeologici, inserito in un sistema integrato che vede l’interoperabilità con il SIGEC dell’Istituto Centrale per la Catalogazione e la Documentazione e Beni Tutelati della Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’architettura e l’Arte Contemporanea. Il SIT è un sistema di banche dati, alfanumeriche e cartografiche, in grado di esplorare, sovrapporre ed elaborare informazioni intorno ai potenziali fattori di rischio che investono il patrimonio culturale architettonico e archeologico. Per la costruzione del modello di rischio è stato adottato un approccio statistico, sulla cui base i singoli beni sono valutati come "unità" di una "popolazione statistica" di cui si mira a valutare il livello di rischio. I Fattori di Rischio sono stati suddivisi in Pericolosità Territoriale (P), ossia una funzione che indica il livello di potenziale aggressività di una data area territoriale e la (V) vulnerabilità (architettonica o archeologica) cioè la suscettibilità dei beni immobili ad essere danneggiati a seguito di un evento dannoso.

Le fasi operative

Il progetto si è mosso in tre fasi operative:

  1. rilevazione e valutazione delle esperienze avviate nel MiBACT;
  2. definizione del modello operativo;
  3. sperimentazione nei laboratori ISCR del packaging e dei relativi materiali adesivi, al fine di progettare e sviluppare supporti di tipo idoneo all’applicazione su vari tipi di bene culturale, con particolare attenzione all’individuazione di mezzi adesivi compatibili con i più esigenti criteri conservativi (All. 4).

A conclusione delle tre fasi, condivise dalle aree del restauro, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, è stato possibile individuare:

  1. le potenzialità di integrazione e di incremento nel campo della conoscenza e della gestione;
  2. le modalità di uso della tecnologia nel processo di catalogazione dei beni.

(m.l.m., a.n., e.p., e.j.s.)

Scelta della tecnologia di radiofrequenza

Sulla base delle caratteristiche tecniche (All. 1) e dei risultati dell’attività sperimentale si indica come opportuno in ambito museale l’uso di tag passivi (privi di batteria), in particolare quelli a 13,56 mhz di frequenza (standard ISO 15693), per una serie di motivazioni:

-    rispondono allo standard internazionale ISO 15693 che ha come caratteristica principale l’univocità mondiale del numero identificativo del tag;

-    sono passivi e quindi “eterni” (non hanno una batteria, che necessita di sostituzione);

-   sono disponibili con banco di memoria riscrivibile, ad oggi di dimensioni massime pari a 10kbit;

-   nascono con la proprietà dell’anti-collisione (diverse decine di tag possono essere lette da un'unica antenna nell’arco di un secondo);

-    il mercato offre una vastissima tipologia di packaging per i tag, dal formato etichetta adesiva a supporti di pochi millimetri, resistenti alle alte temperature e alle condizioni ambientali più difficili (contatto con acidi, solventi, ecc.);

-   ad oggi sono l’unica tipologia di tag per la quale le aziende costruttrici sono in grado di sostenere una produzione per milioni di pezzi in tempi accettabili;

-   sono disponibili sul mercato diverse tipologie di reader (palmari, desktop, industriali, ecc.) in grado di soddisfare qualsiasi esigenza.

Criterio d'uso della tecnologia per la conservazione dei beni

Criteri conservativi

Nel caso di applicazione dei tag su manufatti di interesse storico-artistico è opportuno considerarne la compatibilità. Oltre all’impiego di tag di dimensioni minime, tali da consentire un “mimetismo” estetico, è necessario verificare le eventuali interazioni del sistema tag+adesivo con le opere d’arte. Ne consegue la possibilità di indicare alcune linee metodologiche per l’applicazione e la rimozione dei tag dalle superfici dei manufatti, al fine di salvaguardare sia l’opera, sia la funzionalità del tag.

Con queste finalità è stato avviato presso l’ISCR un progetto sperimentale in tre fasi, per i risultati del quale si rimanda all’All. 4.

 Fase sperimentale 1

Verifica di:

- compatibilità tra i tag a disposizione e gli adesivi;

- compatibilità tra i tag attualmente a disposizione e i solventi degli adesivi da utilizzare;

- prestazioni e interferenze tra i sistemi tag/adesivi e un supporto inerte (il vetro).

Fase sperimentale 2

Verifica delle interazioni tra alcuni sistemi tag/adesivi - selezionati attraverso la fase

sperimentale 1 - e i provini rappresentativi delle varie tipologie di supporto artistico

 Fase sperimentale 3

Verifica delle interazioni tra sistemi tag/adesivi - individuati nella fase sperimentale 2 - e

oggetti reali in situ all’interno e all’aperto.

Posizionamento del tag

La scelta del punto ideale per il posizionamento del tag su un’opera d’arte non è operazione semplice: ogni opera d’arte è unica e una macro-classificazione per forma è praticamente impossibile. Nella pratica, si possono applicare i criteri correntemente in uso per il posizionamento delle etichette con il numero d’inventario; qualche accortezza in più è d’obbligo per quei pezzi dove normalmente l’inventario viene scritto direttamente sulla superficie, con o senza pellicola trasparente di base. A questo è particolarmente dedicata la sperimentazione effettuata al Palazzo di Venezia (All. 2). Il corpus individuato ha usufruito di dati catalografici già esistenti, riversandoli nella memoria passiva di tag con supporto diverso a seconda delle caratteristiche costitutive e delle necessità conservative dei singoli beni (All.3).

È principio fondamentale non compromettere in alcun modo il valore delle singole opere e tenere conto della loro leggibilità formale. Dopo avere selezionato la giusta tipologia di tag, sia per dimensione sia per caratteristiche, sarà quindi necessario scegliere un punto di applicazione non visibile ma, comunque, efficace per la trasmissione di dati. È importante infatti tener presente che la lettura delle informazioni avviene attraverso un lettore (palmare o altro strumento) che deve essere avvicinato all’oggetto; pertanto la posizione del tag dovrà essere scelta in modo da permettere al lettore di ricevere le informazioni, senza che si debba toccare o movimentare in alcun modo l’oggetto.

Il tag è un elemento che, secondo il progetto, deve corrispondere ad un bene e deve essere applicato su di esso in via permanente. È fondamentale, a tale proposito, che sia applicato sull’opera stessa e non su eventuali supporti o cornici e solo in superficie, così da poter essere individuato e raggiunto facilmente (ed eventualmente sostituito) senza danneggiare l’opera o comprometterne l’integrità. Nel caso di dipinti su tela, ad esempio, il tag dovrà essere applicato direttamente sul retro della tela e non sul telaio o sulla cornice.

Esistono evidentemente dei casi che fanno eccezione a questa regola generale; si pensi, ad esempio, ai materiali cartacei (fogli con disegni o fotografie) o a stoffe particolarmente delicate, per i quali sarà inevitabile collocare il tag in posizione più vicina possibile all’oggetto (per le carte: sul passepartout[1]; per le stoffe: cartellino collegato da filo a una parte solida della trama). Il progredire delle soluzioni tecnologiche al problema dei supporti potrà in futuro risolvere anche questi casi.

Dalle misurazioni eseguite durante la sperimentazione si è evidenziato che ceramiche, vetri, cristalli, dipinti su tela o tavola, avori, marmi e legni non disturbano le frequenze del tag, mentre nel caso dei metalli si sono rilevati problemi di trasmissione che non possono essere ignorati.

Il segnale non riesce a passare attraverso il metallo (di qualsiasi tipo), tanto da impedire la corretta lettura dei dati. In questo caso, quindi, la scelta del tag e del suo posizionamento è più delicata. Si dovrà usare un packaging specifico e curare una collocazione che non disturbi la corretta lettura dell’oggetto e che contemporaneamente possa essere raggiunto direttamente dal lettore senza dover toccare l’oggetto stesso. Sarà necessario valutare con la dovuta attenzione caso per caso, osservare l’opera e scegliere la posizione sfruttando ad esempio la superficie interna nel caso di forme aperte (coppe, bicchieri,…), i sottosquadri o le pieghe nascoste (bassorilievi, sculture, …) o anche il retro dei superfici di sostegno (candelabri, orologi,…). Per quanto riguarda le opere che contengono al loro interno elementi in metallo, come strutture di sostegno, chiodi o perni, sarà necessario posizionare il tag lontano da questi elementi (sono sufficienti pochi millimetri).

Per i tessuti dovranno essere utilizzati particolari tipi di tag che possano essere cuciti, come delle etichette, o inseriti nella trama del tessuto, nelle pieghe e negli orli.

Solo in casi particolari, qualora non fosse in alcun modo possibile posizionare il tag in modo che sia leggibile direttamente, è preferibile scegliere una collocazione nascosta, magari implicante lo spostamento dell’opera per la lettura, piuttosto che un punto più accessibile ma che ne comprometta la leggibilità formale.

 

criteri di massima per il posizionamento del tag

-      conservare l’integrità formale e storica dell’opera

-      conservare la leggibilità formale dell’opera

-      permettere la raggiungibilità del tag con il lettore senza dover toccare l’opera

-      applicare il tag sulla superficie

-      applicare il tag in un punto raggiungibile per eventuali modifiche o sostituzioni

-      applicare il tag direttamente sull’opera, non su supporti o cornici

-      prima dell’applicazione, controllare la corretta trasmissione di dati dal punto scelto (specie per i materiali metallici)

-      applicare il tag lontano da elementi metallici (chiodi, strutture di sostegno, perni, …)

-      applicare il tag, nel caso di oggetti metallici, in un punto direttamente raggiungibile dal lettore

 

(e.b., m.t.)



[1] É la soluzione adottata dal Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, per la collezione di disegni di Rembrandt (The art of tracking masterpieces, RFID journal, 17-6-2002, http://www.RFIDjournal.com/articles/view?195/). 

Criteri d'uso del tag in riferimento ai processi della conoscenza

In questo paragrafo si definisce il flusso delle operazioni necessarie a gestire le informazioni da inserire all’interno della memoria del tag per evidenziarne la funzione relazionale, in particolare il processo connesso all’inventariazione e alla catalogazione del bene.

Processi operativi relativi al singolo bene culturale

Il tag sarà scelto in base al tipo del materiale, alla forma dell’oggetto e alle indicazioni di posizionamento sopra esposte. Tuttavia, un tag può essere applicato anche al contenitore dei beni, dall’edificio fino alla eventuale scatola, in modo da poter immettere nel sistema conoscitivo anche insiemi di oggetti relazionati (per esempio, nella gestione dei depositi).

Nel tag possono essere archiviate informazioni di sintesi sul bene culturale individuato, ottenendo una “identificazione elettronica” che consente di collegarsi ai sistemi informatici disponibili, ottenendo dati più approfonditi e di dettaglio. Oltre all’identificativo univoco del tag, già presente e normato dallo standard ISO 15693, possono essere registrati i codici assegnati nell’ambito del processo di conoscenza e gestione del bene culturale (ad es. il codice univoco NCT, assegnato dall’ICCD nel sistema nazionale di catalogazione, e l’inventario patrimoniale).

L’interazione con il Sistema Informativo Generale del Catalogo (SIGECweb)[1], o con altre banche dati, sarà condizionata dalla tipologia e dalla quantità dei dati da gestire, oltre che dagli strumenti a disposizione nelle varie situazioni di uso (ad es. la connettività verso internet).

Il set minimo di dati, da aggiungere alla memoria del tag attraverso il palmare RFID e il software specifico, è definito in relazione alla necessità di dare stabilità e univocità alle informazioni contenute nell’etichetta elettronica.

set minimo di dati

descrizione

acronimi iccd

lunghezza campo

obbligatorietà

Codice univoco di catalogazione[1]

NCTR + NCTN

+ eventuale NCTS

2 + 8

+ 2

Codice di inventario patrimoniale (numerico/alfanumerico)

INPC[2]

25

 

Attraverso la relazione tra i due codici inseriti e il codice identificativo già presente nel tag sarà possibile recuperare qualsiasi informazione registrata nelle varie banche dati in cui il bene è censito[1].

In riferimento ad un bene culturale su cui apporre un dispositivo RFID, in ambiti già normalizzati secondo gli standard nazionali, si possono presentare, a titolo esemplificativo, i seguenti casi con le conseguenti operazioni da effettuare.

 

Flusso procedurale su bene privo di tag

 

stato dell‘arte

 

operazioni individuate

 

per inventariare

 

per catalogare

 

applicazione del tag

per l’inserimento dei dati nel tag

il bene

- non è inventariato

- non è catalogato

 

inventariare, catalogare apporre il tag

registrare il set minimo di dati richiesti per l’inventariazione patrimoniale (che comprende dati utili per la catalogazione)

registrare il set minimo di dati richiesti per la catalogazione

(che comprende dati utili per l’inventariazione)

posizionare il tag nel rispetto dell’integrità e leggibilità del bene culturale

(fare riferimento alle indicazioni metodologiche per l’applicazione del tag)

riversare i dati nel tag:

-codice inventario

-codice univoco di catalogazione (NCT)

il bene

- è inventariato

- non è catalogato

 

 

catalogare apporre il tag

 

registrare il set minimo di dati richiesti per la catalogazione utilizzando i dati già acquisiti per l’inventariazione patrimoniale e integrando le informazioni mancanti

 

posizionare il tag nel rispetto dell’integrità e leggibilità del bene culturale

(fare riferimento alle indicazioni metodologiche per l’applicazione del tag)

riversare nel tag:

-codice inventario

-codice univoco di catalogazione (NCT)

il bene

- è catalogato

- non è inventariato

inventariare apporre il tag

registrare il set minimo di dati richiesti per la inventariazione patrimoniale utilizzando i dati già acquisiti per la catalogazione e integrando le informazioni mancanti

 

posizionare il tag nel rispetto dell’integrità e leggibilità del bene culturale

(fare riferimento alle indicazioni metodologiche per l’applicazione del tag)

riversare nel tag:

-codice inventario

-codice univoco di catalogazione (NCT)

il bene

- è inventariato

- è catalogato

riversare i dati apporre il tag

 

 

posizionare il tag nel rispetto dell’integrità e leggibilità del bene culturale

(fare riferimento alle indicazioni metodologiche per l’applicazione del tag)

riversare nel tag:

-codice inventario

-codice univoco di catalogazione (NCT)

 

 

flusso procedurale su bene già dotato di tag

 

Stato dell‘arte

 

Operazioni individuate

 

Per inventariare

 

Per catalogare

 

Applicazione del tag

Per l’inserimento dei dati nel tag

Il bene

- non è inventariato

- non è catalogato

inventariare

catalogare

registrare il set minimo di dati richiesti per l’inventariazione patrimoniale

 (che comprende dati utili per la catalogazione)

registrare il set minimo di dati per la catalogazione (che comprende dati utili per l’inventariazione)

 

riversare nel tag:

-codice inventario

-codice univoco di catalogazione (NCT)

 Il bene

- è inventariato

- non è catalogato

catalogare

 

registrare il set minimo di dati richiesti per la catalogazione utilizzando i dati già acquisiti per l’inventariazione patrimoniale e integrando le informazioni mancanti

 

 

aggiornare i dati nel tag aggiungendo il codice univoco di catalogazione (NCT)

Il bene

- è catalogato

- non è inventariato

inventariare

registrare il set minimo di dati richiesti per la inventariazione patrimoniale utilizzando i dati già acquisiti per la catalogazione e integrando le informazioni mancanti

 

 

 

aggiornare i dati nel tag aggiungendo il codice inventario



[1] Il codice univoco di catalogazione corrisponde al codice NCT, codice univoco nazionale che individua ciascun bene nel catalogo generale dei beni gestito dall’ICCD.



[1] Cfr. nota 4.

[2] Questo specifico campo per la registrazione del codice di inventario patrimoniale è previsto nella versione aggiornata 4.00 delle normative per la catalogazione, attualmente in fase di sperimentazione e consultabile sul sito istituzionale dell’ICCD: http://www.iccd.beniculturali.it/index.php?it/211/sperimentazione-normative.

Trasferimento dei dati nel SIGECweb

Per consentire l’ingresso nel flusso incrementale di conoscenza anche di dati minimi di censimento del bene, l’ICCD ha elaborato il MODI-Modulo informativo[1], un modello per l’acquisizione speditiva di dati. Questo modulo rappresenta lo snodo metodologico per gestire le informazioni essenziali sul bene, che sono esito di processi gestionali diversi; il MODI, unitamente all’identificativo del tag, garantisce l’associazione univoca dei dati conoscitivi al bene stesso.

A seconda delle situazioni è necessario verificare quali informazioni sono disponibili per:

-      effettuare il solo censimento;

-      effettuare l’inventariazione patrimoniale;

-      redigere una scheda di catalogo (nel rispetto degli standard ICCD).

Ove si disponga di un set minimo di voci, utili per il solo censimento del bene, queste verranno registrate nel MODI / Modulo informativo ed archiviate in un’apposita area di lavoro del sistema, dove rimarranno in attesa di ricevere le informazioni mancanti per l’attribuzione del codice univoco nazionale NCT. Attraverso l’aggancio all’identificativo univoco del tag, registrato nel MODI, le informazioni di censimento alimenteranno il flusso di conoscenza sul bene.

Per l’inventariazione patrimoniale sarà sufficiente compilare le voci obbligatorie del registro inventariale, previste in MODI; le informazioni verranno archiviate nel sistema, in attesa di completamento per l’attribuzione del codice NCT.

Nel caso della catalogazione conforme agli standard ministeriali basterà inserire, tra i dati di sintesi trasferiti sul tag, il codice univoco nazionale NCT: collegandosi al SIGECweb questo codice consentirà la consultazione di tutte le informazioni archiviate per la catalogazione del bene.

Inoltre sarebbe auspicabile far inserire un campo codice RFID relativo all’edificio contente i beni opere d’arte identificati, all’interno delle schede relative a sistemi interoperabili con SIGECweb ad esempio il sistema informativo territoriale (SIT) della carta rischio.

 (m.l.m., e.p.)



[1] Il MODI è attualmente in fase di sperimentazione ed è consultabile sul sito istituzionale dell’ICCD: http://www.iccd.beniculturali.it/index.php?it/211/sperimentazione-normative.

Flusso per la gestione integrata delle informazioni sui beni

Il flusso immaginato si configura come un sistema a più livelli. L’apposizione del tag RFID al bene, e la successiva catalogazione e inventariazione secondo standard metodologici (scheda di catalogo e modulo informativo MODI nei quali viene riportato l’ID del tag) consentono il dialogo con tutte le applicazioni sviluppate dagli enti che gestiscono dati catalografici o che siano comunque detentori di conoscenze relative ai beni, in particolare con il Sistema Nazionale del Catalogo. Il lettore RFID entra infatti in comunicazione con tutti i sistemi nei quali siano rispettate le regole di dialogo, ottenendo tramite l’ID del tag (associato al numero di catalogo o al numero di inventario), tutte le informazioni disponibili sul bene.

(a.n.)

Inventariazione patrimoniale/ catalogazione-livello inventariale

L’uso del tag secondo la procedura proposta è utile perché consente di standardizzare il set informativo, rendendo possibile l’integrazione dei dati dell’inventariazione patrimoniale nel processo di catalogazione e viceversa. Tenuto conto che ogni tag è contraddistinto da un codice univoco, l’interazione tra inventario e catalogo potrebbe realizzarsi anche solo inserendo il codice del tag in un campo specifico della scheda di catalogo o dell’inventario[1].



[1] Tale campo, non previsto negli standard ICCD attualmente in uso, è stato previsto dalla circolare DG-Ant 26/2012 ed è presente nella versione aggiornata dei tracciati per la catalogazione (versione 4.00, attualmente in sperimentazione), che costituisce la base di riferimento per le future normative: http://www.iccd.beniculturali.it/index.php?it/211/sperimentazione-normative.

Ulteriori applicazioni

RFID trova utile applicazione anche nel caso di insiemi molto consistenti di beni, situazione abitualmente riscontrata in archivi e depositi dove l’aspetto gestionale è particolarmente critico[1]. In questi casi l’uso della tecnologia in esame consente di immettere nel processo della conoscenza tutta una serie di dati, anche molto diversi tra loro, derivanti dal flusso amministrativo/operativo sui beni.



[1] In particolare per i depositi archeologici; un chiaro quadro della situazione è stato offerto dalla giornata di studi Dopo lo scavo. La gestione dei materiali di scavo, 15 marzo 2006, a cura dell’École Française de Rome in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Roma e la Sovraintendenza Comunale ai Beni Culturali.

Gestione dei depositi

Per la gestione dei depositi è necessario in primo luogo definire una gerarchia nella loro organizzazione fisica, dal macro al micro contenitore. Con l’applicazione del tag all’infrastruttura nella sua articolazione (sede, piano, stanza, scaffale, ripiano) e l’uso di varchi di rilevazione si automatizzano le attività di movimentazione interna e di ingresso e uscita dei beni. Si acquisiscono così dinamicamente informazioni per il sistema di gestione, qualsiasi esso sia; si recuperano poi, sul fronte della catalogazione, dati utili per la localizzazione specifica registrata nelle schede di catalogo (campo LDC delle schede per i beni mobili[1]), e per le ricerche in fase di consultazione. Si assicura così l’aggiornamento dei dati sulla precisa collocazione dei beni, aspetto di particolare rilievo per la gestione della loro movimentazione. Il grande vantaggio dell’uso della tecnologia RFID consiste nel superamento della difficoltà, sempre constatata, di registrare in modo immediato e dinamico gli spostamenti subiti dai beni[2].

 



[1] Si tratta dell’insieme di informazioni specifiche relative al luogo/all’immobile dove si trova il bene (convenzionalmente definito ‘contenitore fisico’: architettura, monumento, spazio territoriale, ecc.) e all’istituzione che lo conserva (convenzionalmente definita ‘contenitore giuridico’: museo, galleria, pinacoteca, raccolta privata, ecc.).

[2] Un’applicazione della tecnologia RFID ai depositi è stata realizzata a partire dal 2002 a Ostia Antica; v. la bibliografia specifica cit. a nota 1.

Interconnessione con altre banche dati

L’inserimento dei profili di accesso (URL utente e password) a singole banche dati (per es. SIGEC, Carta del Rischio, Beni tutelati, Sistemi regionali, ecc. ) nella memoria del tag consente, tramite l’uso di un palmare collegato a internet, di accedere direttamente a tutte le informazioni relative al bene dotato.

Un esempio applicativo è stato sperimentato dall’ICCD e presentato all’incontro internazionale LuBeC del 2009[1]. In sintesi, si è reso possibile consultare attraverso un palmare alcune banche dati contenenti informazioni relative ai beni[2]. Il sistema sperimentato in quell’occasione era composto da tag (applicati su beni e/o contenitori), palmare + reader RFID e server, che hanno consentito di:

  • identificare l’oggetto/il contenitore visualizzando un set minimo di informazioni;
  • collegarsi a banche dati del Ministero, in particolare quelle del Sistema informativo Generale del Catalogo-SIGECweb e della Carta del Rischio;
  • evidenziare la localizzazione dell’oggetto nell’infrastruttura dell’ente (ad esempio sede – piano – scaffale – ripiano);
  • proporre un’interfaccia di fruizione che espone sul palmare informazioni di carattere descrittivo multimediale.

Attraverso la lettura del codice univoco di cui è dotato ciascun tag si è in grado di risalire alle informazioni sul bene, consentendone quindi la condivisione.



[1] Lu.Be.C. – Lucca Beni Culturali e Lu.Be.C. Digital Technology. Lucca 22 – 23 ottobre 2009http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/Fiere/Anno-corrente/visualizza_asset.html_1356632173.html

 

Valorizzazione e divulgazione delle informazioni

Un’ulteriore applicazione della tecnologia RFID è, nell’ambito della diffusione e valorizzazione delle conoscenze sul patrimonio culturale, la possibilità di ricevere informazioni multimediali sull’oggetto di interesse. Infatti, anche i moderni sistemi di divulgazione (percorsi multimediali, audioguide, ecc.) hanno come base la tecnologia RFID. Scegliendo la stessa frequenza di lavoro corrispondente allo standard ISO 15693 si viene a dotare il bene di un tag in grado di rispondere anche a questi ulteriori obiettivi.

In conclusione, questa sperimentazione ha dimostrato che la tecnologia RFID è particolarmente versatile, poiché offre l’opportunità di rispondere a una serie di esigenze sentite, legate alla conoscenza e alla divulgazione culturale. Il costo dell’acquisto dei componenti del sistema viene ottimizzato dalla quantità di benefici che ne derivano.

La versatilità della tecnologia consente di ammortizzarne i costi relativi all’acquisto dei tag (parliamo di milioni di pezzi) e degli strumenti di lettura/scrittura necessari “spalmandoli” su più funzionalità operative, lo stesso tag può servire per la gestione inventariale (depositi), la catalogazione, per la gestione della movimentazione del bene (mostre, esposizioni) e per la fruizione al pubblico tramite guide multimediali.

C’è anche da considerare l’opportunità, vista la grande quantità di hardware necessario al progetto, di orientare i grandi produttori di tag nel realizzare un transponder specifico che racchiuda tutte le caratteristiche descritte nel presente documento al fine di avere un unico tag valido per tutte le condizioni di lavoro sopra descritte.

Indubbiamente questo sarebbe il più importante progetto legato alla tecnologia RFID in Italia ma anche a livello europeo un’opportunità in grado di proiettare il mondo dei Beni Culturali verso opportunità ad oggi inesplorate.

(e.b., m.l.m., a.n., e.p., e.j.s.)

Bibliografia

Cavallo, Ferrante, Negri, Plances, Shepherd 2009

M.L. Cavallo, F. Ferrante, A. Negri, E. Plances, E.J. Shepherd, Tecnologie RFId per l’interazione dei Sistemi informativi nel settore dei beni culturali, in “MiBAC. Innovazione e tecnologia: le nuove frontiere del MiBAC”, Lu.Be.C. Digital Technology, Lucca, 22-23 ottobre 2009, pp. 7-8

 Ferrante, Plances, Shepherd 2007

F. Ferrante, E. Plances, E.J. Shepherd, Nuove tecnologie per la gestione dei depositi di beni culturali: l’esperienza della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia, in “MiBAC. Ripensare i processi per migliorare i servizi”, in Forum P.A. 18a mostra convegno dei servizi ai cittadini e alle imprese, Roma, 2007, pp. 10-12

 Pedelì 2009

C. Pedelì, ArcheoTRAC: una web application opensource per la gestione ordinaria del patrimonio archeologico, in L. Bestini, T. Federici, A. Montemaggio, P. Spagnoletti (a c.), OSPA ’09. Open Source nella Pubblica Amministrazione, Roma, 2009, pp. 49-57

 Shepherd, Benes 2007

E.J. Shepherd, E. Benes, Enterprise Application Integration (EAI) e Beni Culturali: un'esperienza di gestione informatizzata assistita dalla radiofrequenza (RFId), Archeologia e Calcolatori 18, 2007, pp. 293-303

 

Allegati

Allegato 1 - Scheda tecnica

Allegato 1 - Scheda tecnica

 

LF  125khz – 134khz  (BASSA FREQUENZA) - CARATTERISTICHE

Accoppiamento

Induttivo (magnetico)

Raggio Operativo

Per transponders passivi varia dal "contatto" fino ai 90 centimetri, in relazione al lettore e dalla forma e dimensioni delle antenne. Nei sistemi con transponders attivi si possono superare facilmente i 2 metri.

Capacità lettura/scrittura

Disponibili transponders sia R/O che R/W

Capacità trasporto dati

Da transponders R/O a bassa capacità (64 bits) a transponders R/W con capacità fino a 2 Kbits.

Velocità trasf. dati

Bassa velocità di trasferimento, generalmente da 200 bits/sec. fino a 1 Kbits/sec.

Tempo di lettura

Dipendente dalla quantità di dati da trasferire e dalla velocità di trasmissione attiva. Per un transponder da 96 bit a 1 Kbits/sec. occorrono circa 0,10 secondi per la lettura.

Letture multiple

Sono disponibili transponders sia per letture singole che con meccanismi di anti-collisione.

Formati

Sono disponibili in diversi formati e package, dalle capsule in vetro ai boli ceramici per la tracciabilità animale, dalle etichette ai dischi "rinforzati" per l'identificazione dei prodotti o di mezzi meccanici (treni, macchine, etc.).

Standard

Questa classe di frequenze si riferisce agli standard ISO 11784/85 e ISO 14223.

Applicazioni

Generalmente utilizzata per la rintracciabilità animale, il controllo accessi, l'identificazione di veicoli, treni o container, immobilizer per auto, lavanderie, etc.

Note

La comunicazione attraverso liquidi e/o tessuti organici non è ridotta significativamente. I transponders sono particolarmente sensibili all'orientamento.

 

 

HF 13,56mhz (ALTA FREQUENZA) - CARATTERISTICHE

Accoppiamento

Induttivo (magnetico)

Raggio Operativo

Generalmente passivi, hanno un raggio di azione che varia da pochi centimetri fino a 1,2 metri. La distanza di lettura dipende dal reader e dalle sue antenne, ma anche dall'antenna del transponder.

Capacità lettura/scrittura

Disponibili transponders sia R/O che R/W

Capacità trasporto dati

Genericamente R/W con capacità da 64 bits fino a qualche decina di Kbits (5kbits). Hanno un codice UID impostato durante la produzione che può essere letto solo R/O.

Velocità trasf. dati

Generalmente circa 25 Kbits/sec.

Tempo di lettura

Strettamente dipendente dalla quantità di dati da trasferire a dalla velocità di trasmissione impostata. Per 25 Kbits/sec sono necessari 0,02 secondi per leggere 512 bits.

Letture multiple

Sono sempre forniti con meccanismo anti-collisione per un massimale in lettura di 20-30 transponders dipendentemente dal software impostato e dalla caratteristiche delle antenne del lettore.

Formati

Sono prodotti in una vastissima varietà e possono aderire praticamente ovunque e per qualsiasi applicazione. Il formato più comune è la "smart label" dove etichetta e transponder sono integrate.

Standard

Questa classe di frequenze si riferisce agli standard ISO 18000-3, ISO 14443 A/B e ISO 15693.

Applicazioni

Servizi logistici, ticketing, bagagli, tracciabilità, controllo produzione, etc.

Note

Sono moderatamente sensibili a liquidi, e a tessuti organici.

 

 

UHF 868mhz (ULTRA FREQUENZA) - CARATTERISTICHE

Accoppiamento

Elettromagnetico

Raggio Operativo

Generalmente i transponders UHF sono impiegati in forma passiva ed operano in intervalli da 2 a 6 metri in modalità lettura dipendentemente dalla configurazione del sistema; quelli attivi arrivano anche a 100 metri. Il raggio operativo è influenzato dalle regolamentazioni di potenza. In Italia attualmente tale tecnologia è vietata se non espressamente autorizzata dal ministero competente.

Capacità lettura/scrittura

Disponibili transponders sia R/O che R/W

Capacità trasporto dati

Genericamente R/W con capacità da 64 bits fino a qualche decina di Kbits. Hanno un codice UID impostato durante la produzione che può essere letto solo R/O.

Velocità trasferimento dati

Generalmente circa 28 Kbits/sec. ma cominciano ad essere commercializzati dispositivi con 100 Kbits/sec.

Tempo di lettura

Strettamente dipendente dalla quantità di dati da trasferire a dalla velocità di trasmissione impostata. Per 28 Kbits/sec sono necessari 0,02 secondi per leggere 512 bits.

Letture multiple

Sono sempre forniti con meccanismo anti-collisione per un massimale in lettura di circa 100 transponders contemporanei, dipendentemente dal software impostato e dalla caratteristiche del lettore e delle antenne.
Le nuove specifiche EPC Class1/Gen2 consentiranno una lettura di circa 100-1500 transponders/sec.

Formati

Sono prodotti in una grande varietà e possono essere applicati anche a unità metalliche. Il formato più comune è la "smart label" dove etichetta e transponder sono integrate.

Standard

Questa classe di frequenze si riferisce agli standard EPC Class0, Class1, Class1/ Gen2 e ISO 18000-6.

Applicazioni

Tracciabilità degli assets, logistica della filiera e di fornitura, etc.

Note

Le prestazioni sono notevolmente ridotte in presenza di metalli, liquidi, tessuti organici ed umidità.

 

 

MICROWAVE 2,45Ghz (MICRO ONDE) - CARATTERISTICHE

Accoppiamento

Elettromagnetico

Raggio Operativo

Da 2 a 6 metri per tag passivi possono raggiungere i 50-70 metri se attivi.

Capacità lettura/scrittura

Disponibili transponders sia R/O che R/W

Capacità trasporto dati

Genericamente la capacità di memoria và da 128 bits fino ad alcuni Kbits.

Velocità trasf. dati

Possono arrivare anche ad 1 Mbits/sec. con particolari dispositivi. Generalmente hanno una velocità di trasmissione intorno ai 100-250 Kbits/sec.

Tempo di lettura

Dipende molto dalla quantità di dati da trasferire e dalla velocità di trasmissione. Per esempio a 100 Kbits/sec. sono utili 0,03 secondi per leggere 32 Kbits. Bastano solo 0,05 secondi per leggere alcune decine di transponders da 128 bits.

Letture multiple

Sono disponibili sia dispositivi a letture singole che in anti-collisione.

Formati

Sono disponibili diversi formati in relazione alle esigenze più comuni, compresa l'applicabilità a metalli.

Standard

Questa classe di frequenze si riferisce allo standard ISO 18000-4.

Applicazioni

Indispensabili quando la lettura deve essere eseguita su oggetti in movimento estremamente veloci (un esempio è il telepass sulle autostrade italiane). Tipicamente le applicazioni sono il pagamento dei pedaggi, il controllo accessi e la logistica autoveicolare.

Note

Le prestazioni sono ridotte in presenza di liquidi, metalli, tessuti organici e umidità.

 

Allegato 2 - Esperienza Museo nazionale del Palazzo di Venezia: Posizionamento del tag

 “L’esistenza stessa del museo si giustifica per l’intento di promuovere la conoscenza delle sue collezioni, la cui conservazione costituisce inevitabilmente una conditio sine qua non. L’obiettivo della conservazione è anche quello di mettere le opere a disposizione del pubblico”.

(“Cura e gestione delle collezioni” A. M. Lega, Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, ed. Phase, 2005)

 

L’uso della tecnologia RFID nel campo dell’arte è sicuramente innovativa e apre molti campi di applicazione che vanno dalla gestione delle collezioni alla fruibilità delle opere da parte del pubblico.

Questo tipo di tecnologia può essere particolarmente utile nella gestione delle opere all’interno di un museo: la registrazione di dati opportuni nel tag e il collegamento delle informazioni sul palmare con la rete inventariale del museo  può consentire in tempo reale di conoscere il numero esatto degli oggetti esposti, quelli nei depositi, quelli nei depositi temporanei, in prestito o in restauro e di aggiornare la scheda dell’opera. Attraverso il palmare sarà possibile aggiornare rapidamente le informazioni relative alle opere ed avere, quindi, un collegamento sempre attivo tra opera e scheda.

La presenza del tag sull’opera dovrebbe, inoltre, avere un ruolo dissuasivo nel caso di furti. A meno che i furti stessi non siano effettuati da esperti in grado di individuare e rimuovere il tag senza arrecare danni permanenti all’opera che potrebbero influire sul suo valore storico ed economico. In caso di ritrovamento di opere rubate, il tag (qualora non rimosso) permetterebbe, inoltre, di rintracciare velocemente dati sull’opera stessa e sulla sua provenienza.

Può essere molto interessante considerare anche l’utilizzo di questa tecnologia per la fruibilità delle opere da parte del pubblico. Se i visitatori fossero dotati di un lettore sarebbe possibile, direttamente dalla sala del museo, accedere a informazioni storiche sulle opere registrate nei tag e, attraverso link con informazioni selezionate reperibili dalla rete, osservare il luogo del ritrovamento e gli scavi, ottenere notizie storiche, confronti con altre opere, libri e opinioni critiche.

Si deve, tuttavia, tenere conto che applicare in via permanente o semipermanente un oggetto, anche se microscopico, su un’opera d’arte è, senza dubbio, un’operazione delicata che va affrontata con “coscienza” valutando caso per caso, riducendo l’impatto dell’intervento al minimo e senza violare il valore dell’opera stessa.

 

Posizione dei tag

 

La scelta del punto ideale per il posizionamento del tag su un’opera d’arte non è un’operazione semplice: ogni opera d’arte è unica e risulta impossibile una classificazione per forma. Possono però essere applicati i normali principi fino ad ora seguiti per il posizionamento delle etichette con il numero d’inventario.

È fondamentale non compromettere in alcun modo il valore delle singole opere e tenere conto della loro leggibilità formale. Dopo avere selezionato la giusta tipologia di tag, sia per dimensione sia per caratteristiche, sarà quindi necessario scegliere un punto di applicazione non visibile ma, comunque, efficace per la trasmissione di dati. È importante tener presente che la lettura delle informazioni avviene attraverso un palmare o penna che deve essere avvicinato all’oggetto, quindi la posizione del tag dovrà essere scelta per permettere al lettore di ricevere le informazioni senza toccare in nessun modo l’oggetto o doverlo spostare, alzare o ruotare.

Il tag è un elemento che, secondo il progetto, deve corrispondere ad un'unica opera (ogni tag corrisponde ad un solo oggetto) e deve essere applicato su di essa in via permanente o semipermanente. È fondamentale a tal proposito che venga applicato sull’opera stessa e non su eventuali supporti o cornici e solo in superficie così da poter essere individuato e raggiunto facilmente, ed eventualmente sostituito, senza danneggiare l’opera o comprometterne l’integrità. Nel caso di dipinti su tela, ad esempio, il tag dovrà essere applicato direttamente sul retro della tela e non sul telaio o sulla cornice.

Dalle misurazioni eseguite durante la sperimentazione si è evidenziato che ceramiche, vetri, cristalli, dipinti su tela o tavola, avori, marmi e legni non disturbano le frequenze del tag, mentre nel caso dei metalli si sono rilevati problemi di trasmissione che non possono essere ignorati.

Il segnale non riesce a passare attraverso il metallo (di qualsiasi tipo) tanto da non permettere una corretta lettura dei dati, e questo implica che il tag deve essere posizionato in un punto che permetta la lettura diretta con il lettore. In questo caso, quindi, la scelta della posizione è più delicata, il tag dovrà essere posizionato in un punto che non disturbi la corretta lettura dell’oggetto e che contemporaneamente possa essere raggiunto direttamente dal lettore senza dover toccare l’oggetto stesso. Sarà necessario valutare con la dovuta attenzione caso per caso, osservare l’opera e scegliere la posizione sfruttando ad esempio la superficie interna nel caso di forme aperte (ad esempio coppe, bicchieri,…), i sottosquadri o le pieghe nascoste (bassorilievi, sculture, …) o anche il retro dei piedi di sostegno (candelabri, orologi,…).

Per quanto riguarda le opere che contengono al loro interno elementi in metallo, come strutture di sostegno, chiodi o perni, sarà necessario posizionare il tag lontano da questi elementi che possono compromettere la trasmissione del segnale.

Per i tessuti dovranno essere utilizzati particolari tipi di tag che possano essere cuciti, come delle etichette, o inseriti nella trama del tessuto, nelle pieghe e negli orli.

In casi particolari, qualora non fosse in alcun modo possibile posizionare il tag in modo da essere direttamente leggibile, è preferibile scegliere una posizione nascosta che implichi lo spostamento dell’opera per la lettura, piuttosto che il posizionamento in un punto più accessibile ma che possa compromettere la leggibilità formale dell’opera stessa.

 

Criteri di massima per il posizionamento del tag:

 

-      conservare l’integrità formale e storica dell’opera

-      conservare la leggibilità formale dell’opera

-      permettere la raggiungibilità del tag con il lettore senza dover toccare l’opera (salvo casi particolari)

-      applicare il tag a livello superficiale

-      applicare il tag in un punto raggiungibile per eventuali modifiche o sostituzioni

-      applicare il tag sull’opera e non su supporti o cornici

-      controllare prima dell’applicazione la corretta trasmissione di dati dal punto scelto (soprattutto nel caso di materiali metallici)

-      applicare il tag lontano da elementi metallici (chiodi, strutture di sostegno, perni, …)

-      applicare il tag, nel caso di oggetti metallici, in un punto direttamente raggiungibile dal lettore

 

 “L'opera d'arte deve essere goduta nella sua integrità”.

"Il restauro deve mirare al ristabilimento dell’unità potenziale dell'opera d'arte, purché ciò sia possibile senza commettere un falso artistico o un falso storico, senza cancellare ogni traccia del passaggio dell'opera d'arte nel tempo".

 (Cesare Brandi)

Il tag trova nel campo dell’arte sicuramente un’applicazione utile. Il tag è un contenitore d’informazioni facilmente gestibile legato in modo univoco all’opera d’arte stessa. La presenza di informazioni direttamente sull’opera velocizza il collegamento opera-scheda e permette agli addetti ai lavori di apprendere più velocemente i riferimenti alle schede, ai restauri, ai prestiti e ai depositi temporanei. Il tag, inoltre, può consentire al pubblico di ricevere informazioni e approfondimenti con un sistema interattivo e attraente. L’utilità dei tag, data anche la versatilità d’uso, è senza dubbio confermata, il problema è invece nell’applicazione di quest’oggetto sull’opera. I suggerimenti per il posizionamento devono essere adattati alle singole realtà con “coscienza” tenendo presente che ogni opera è parte del patrimonio storico del territorio e deve poter essere ammirata nella sua integrità. L’applicazione del tag deve seguire i principi base del restauro e deve, quindi, essere un’operazione decisamente poco invasiva nell’intento di conservare la completa leggibilità storica e artistica dell’opera senza comprometterne in modo irreversibile la struttura.

In allegato l'elenco delle opere prese in esame.

Allegato 3 - Esperienza Museo nazionale del Palazzo di Venezia: tabelle ed elenchi

Tabella 1
Verifica lettura del tag rispetto al tipo, al reader e all'applicazione.
Reperto: Piatto
Posizionamento ideale del tag: verso del piatto centrale.

Inventario Materiale Produttore Frequenza Tipo Tag Tipo Reader Risultato lettura Distanza di lettura Applicazione Tag
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Lab-Id 13,56 lin600-pill CF ok 10mm appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Lab-Id 13,56 lin600-pill CF ok 5mm dal piatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Lab-Id 13,56 lin600-pill Pen-Usb 3000 ok contatto appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Lab-Id 13,56 lin600-pill Pen-Usb 3000 ok contatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 Label 1836-special CF ok 10mm appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 Label 1836-special Pen-Usb 3000 no   posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 Label 1836-special Pen-Usb 3001 no   posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 minitag special 2k Pen-Usb 3002 ok contatto appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13:56 minitag special 2k Pen-Usb 3003 no   posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 D6.7 tag special Pen-Usb 3003 ok contatto appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 D6.7 tag special Pen-Usb 3003 no   posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 D14-tag 16k-c Pen-Usb 3000 ok contatto appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 D14-tag 16k-c Pen-Usb 3000 ok contatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 D4-tag 16k Pen-Usb 3000 ok contatto appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Microsensys 13,56 D4-tag 16k Pen-Usb 3000 no   posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Sokymat 13,56 Sakymar 161 Pen-Usb 3000 ok contatto appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Sokymat 13,56 Sakymar 161 Pen-Usb 3000 ok contatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Sokymat 13,56 Sakymar 161 CF ok 20mm appoggiato al centro
PV1355PO43 Terracotta smaltata / verde ramina giallo arancio cobalto e manganese Sokymat 13,56 Sakymar 161 CF ok 10mm dal piatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Lab-Id 13,56 lin600-pill CF ok 10mm appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Lab-Id 13,56 lin600-pill CF ok 5mm dal piatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Lab-Id 13,56 lin600-pill Pen-Usb 3000 ok 5mm appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Lab-Id 13,56 lin600-pill Pen-Usb 3000 ok 2mm dal piatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Sokymat 13,56 Sakymar 161 CF ok 35mm appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Sokymat 13,56 Sakymar 161 CF ok 35mm dal piatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Sokymat 13,56 Sakymar 161 Pen-Usb 3000 ok 5mm appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Sokymat 13,56 Sakymar 161 Pen-Usb 3000 ok contatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 Label 1836-special CF ok 5mm appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 Label 1836-special CF ok 5mm dal piatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 Label 1836-special Pen-Usb 3000 ok 5mm dal piatto appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 Label 1836-special Pen-Usb 3000 no   posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 D4-tag 16k Pen-Usb 3000 ok contatto appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 D4-tag 16k Pen-Usb 3000 no   posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 D14-tag 16k-c Pen-Usb 3000 ok 5mm appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 D14-tag 16k-c Pen-Usb 3000 ok contatto posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 minitag special 2k Pen-Usb 3000 ok contatto appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13:56 minitag special 2k Pen-Usb 3000 no   posizionato sotto alla base letto da sopra
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 D6.7 tag special Pen-Usb 3003 ok contatto appoggiato al centro
PV5342RA74 maiolica lustrata Microsensys 13,56 D6.7 tag special Pen-Usb 3003 no   posizionato sotto alla base letto da sopra

 

Tabella 2
Elenco reperti

Sala  Materiale Numero
Avori e Vetri Avori 24
  Avori 25
  Avori 26
  Vetri Soffiati 22
  Vetri Soffiati 23
  Vetri Dipinti 20
  Vetri Dipinti 21
Estremo Oriente Ceramica Invetriata 17
  Ceramica Invetriata 18
  Ceramica Invetriata 19
  Ceramica Metallizzata 14
  Ceramica Metallizzata 15
  Ceramica Metallizzata 16
Terracotta Terracotta 11
  Terracotta 12
  Terracotta 13
  Gesso 8
  Gesso 9
  Gesso 10
Pitture su Rame 8
  su Rame 7
  su Tavola 6
  su Tela 5
  Affresco Strappato 3
  biacea pb 4
Tessuti su Stegno Moderno 1
  su  2
  Tappeto 27
  Arazzo 28
Metalli Serratura 29
  Serratura 30
  Medaglia/Moneta 31
  Medaglia/Moneta 32
Legno Scultura 33

Allegato 4 - Tecnologia RFId per i Beni Culturali: Relazione ISCR

La tecnologia RFId (Radio Frequency Identification) consente a distanza  il rilevamento e il riconoscimento per mezzo di onde radio: un’etichetta con microchip – trasponder o tag –  applicata su un oggetto trasmette, attraverso onde radio, informazioni che identificano univocamente l’oggetto stesso; le informazioni vengono rilevate da un lettore RFId in grado di convertirle in segnale digitale trasferibile su computer. Varie sono le applicazioni che possono essere previste, non ultima la possibilità di identificare e di seguire negli eventuali percorsi – legali o illegali - il manufatto sul quale è stato apposto il tag contenente le informazioni ritenute necessarie.

Nel caso di applicazione dei tag su manufatti di interesse storico artistico è opportuno considerare la compatibilità degli stessi con i beni artistici: oltre all’impiego di tag aventi dimensioni minime che consentano un “mimetismo” estetico  e permettano di contrastare eventuali sottrazioni illecite, è necessario verificare le eventuali interazioni del sistema tag/adesivo con le opere d’arte. Ne consegue la possibilità di indicare, per quanto possibile, alcune linee  metodologiche per l’applicazione e per la rimozione dei tag dalle superfici dei manufatti artistici, al fine di salvaguardare gli stessi e la funzionalità dei tag.

Con queste finalità presso l’ISCR è stato avviato un progetto sperimentale che si può schematizzare in tre fasi:

fase sperimentale 1
Verifica:

a - di compatibilità tra i tag attualmente a disposizione e i solventi degli adesivi da utilizzare

b - di compatibilità tra i tag a disposizione e gli adesivi

c - di prestazioni e interferenze tra i sistemi tag/adesivi e un supporto inerte come il vetro 

fase sperimentale 2
Verifica delle interazioni tra alcuni sistemi tag/adesivi - selezionati attraverso la fase sperimentale 1 - e i provini rappresentativi delle varie tipologie di supporto artistico

fase sperimentale 3
Verifica delle interazioni tra sistemi tag/adesivi - individuati nella fase sperimentale 2 - e oggetti reali in situ all’interno e all’aperto.

In allegato la relazione relativa ai risultati sperimentali ottenuti nella fase sperimentale 1.



Approfondimenti

Questa sezione presenta ricerche e studi attraverso i quali si affrontano in maniera analitica specifici argomenti. Si tratta di strumenti per gestire in maniera più efficace l'attività di catalogazione in tutte le sue fasi: dalla programmazione al collaudo. Il primo approfondimento scelto è relativo al tema delle tariffe: sono prese in esame le procedure e le pratiche di determinazione degli elementi e delle variabili che determinano il prezzo degli interventi di catalogazione e sono proposte linee guida operative.